SEMINARIO GRATUITO VERDE URBANO: PIANIFICARE E CURARE IL VERDE URBANO

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Si terrà Venerdì 22 marzo dalle 17.30 alle 19.30 il secondo dei 3 seminari gratuiti dedicati all’approfondimento di alcuni temi legati alla realizzazione e alla gestione del verde urbano oganizzati dal Collegio interprovinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati di Roma, Rieti e Viterbo in collaborazione con AICQ CI Associazione Italiana Cultura Qualità Centro Insulare con il patrocinio di prestigiosi Partner.
Il seminario si terrà in presenza presso la Sede di AICQ CI, via Siena n. 2, Roma e/o a distanza. È necessario prenotare la partecipazione sia in presenza che online per ricevere il link. Prenotazioni: infosoci@aicqci.it.
L’evento è valido ai fini del riconoscimento di CFP-Crediti Formativi Professionali per gli iscritti al Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati. A tal fine dovrà essere comunicato il numero di iscrizione all’Albo scrivendo all’indirizzo infosoci@aicqci.it.
L’incontro si rivolge al mondo dei professionisti, dei tecnici e delle imprese e prende in esame alcuni temi di rilevante interesse per chi opera o si accinge a entrare in questo settore: dalla necessità di pianificare gli interventi di gestione partendo dalla conoscenza del patrimonio a verde, alle buone pratiche da adottare per la cura degli alberi, alle metodologie di project management applicate a questo settore, al ruolo dei giardinieri nella gestione del verde.
Locandina SEMINARIO PIANIFICARE E CURARE IL VERDE URBANO 22 03 2024
SEMINARI VERDE URBANO-WHO IS WHO

REALIZZAZIONE E GESTIONE DEL VERDE URBANO: SEMINARI GRATUITI

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Il Collegio interprovinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati di Roma, Rieti e Viterbo e AICQ CI, Associazione Italiana Cultura Qualità Centro Insulare organizzano, con il patrocinio di prestigiosi Partner, 3 seminari gratuiti dedicati all’approfondimento di alcuni temi legati alla realizzazione e gestione del verde urbano. I seminari si tengono in presenza presso la Sede di AICQ CI, via Siena n. 2, Roma o a distanza (iscrizione obbligatoria per accesso al link) nelle giornate di venerdì 23 febbraio, venerdì 22 marzo, venerdì 24 maggio 2024 dalle 17.30 alle 19.30.
Gli incontri si rivolgono al mondo dei professionisti, dei tecnici e delle imprese e prendono in esame alcuni temi di rilevante interesse per chi opera o si accinge a entrare in questo settore, dove acquistano sempre maggiore importanza il possesso di competenze adeguate, l’applicazione di standard di qualità, l’adozione di tecniche e strumenti al passo con i tempi. Un mondo complesso, nel quale ogni attività richiede una formazione costantemente aggiornata e una esperienza specifica e dove è necessario disporre di risorse e di professionalità adeguate al raggiungimento dei molteplici obiettivi fissati a livello locale, nazionale e internazionale, a cominciare dal PNRR, dal Piano di forestazione urbana ed extra urbana, dal progetto Ossigeno, dal progetto F4R Forest for Roma- Forestazione diffusa per Rome.
VERDE URBANO: METODI, STRUMENTI E STANDARD DI QUALITA’: venerdì 23 Febbraio 2024
PIANIFICARE E CURARE IL VERDE URBANO: venerdì 22 Marzo 2024
PROGETTAZIONE DELLE OPERE A VERDE E GESTIONE ECOLOGICA: venerdì 24 maggio 2024
LOCANDINA-PROGRAMMA SEMINARI Verde Urbano_2024

Criteri Minimi Ambientali per la gestione del verde pubblico

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Con l’adozione dei nuovi Criteri ambientali minimi per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde (CAM DM 10 marzo 2020 del Ministero dell’Ambiente) viene proposto un approccio sistematico e innovativo alla gestione del verde urbano, in un’ottica volta a valorizzare il verde esistente e quello di nuova realizzazione. I CAM si rivolgono alle stazioni appaltanti, in particolare le amministrazioni comunali, affinché applichino concretamente gli strumenti più avanzati di gestione del verde pubblico, quali il censimento del verde, il piano del verde, il regolamento del verde pubblico e il bilancio arboreo ed evitino altresì interventi sul territorio qualitativamente scarsi o addirittura dannosi, con conseguente aggravio di costi per la comunità.
Criteri Minimi Ambientali per la gestione del verde pubblico, Rivista Qualità, n. 6/23 allegato

Gli alberi monumentali d’Italia

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A far parte dell’immenso, e in continuo aumento, patrimonio arboreo italiano, vi sono alcuni esemplari, che, sfidando le avversità di natura biotica e abiotica, sfuggendo all’interesse produttivistico da parte dell’uomo, con il passare dei secoli hanno raggiunto dimensioni e forme davvero imponenti: testimoni, da una parte, del lungo e faticoso lavoro della natura e, dall’altra, del perdurante legame che da sempre li unisce all’uomo, questi esemplari sono da considerarsi beni dall’elevato valore naturalistico, estetico, culturale e sono spesso espressione della storia e della religiosità delle popolazioni che nei secoli si sono succedute in determinati luoghi (Angela Farina)
Si è parlato degli “Alberi Monumentali d’Italia”  in occasione dell’appuntamento annuale del “Brindisi di Natale” di AMUSE del 14 dicembre scorso, che ha concluso l’attività dell’Associazione per il 2023.
ALBERI MONUMENTALI-Presentazione
ALBERI MONUMENTALI- Annotazioni
Brochure divulgativa Alberi monumentali d’Italia

Qualità e sostenibilità del verde urbano

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Il livello di pregio e di qualità del verde urbano è strettamente legato alla sua capacità di offrire dei benefici sociali, ambientali, sanitari, culturali, paesaggistici, economici (i cosiddetti servizi ecosistemici). Le notevoli difformità qualitative oggi presenti sul territorio nazionale impongono la necessità di individuare quali siano gli standard da adottare per garantire una buona qualità del verde pubblico e rendono imprescindibile la definizione di un quadro normativo e regolamentare funzionale e omogeneo, che offra a professionisti, aziende appaltatrici e operatori delle pubbliche amministrazioni gli strumenti atti a garantire alle opere a verde un valore di pregio rispondente a requisiti di qualità, sostenibilità ambientale e responsabilità sociale individuati e verificabili. In questo quadro, un sistema di
certificazione volontaria della conformità del processo di produzione dell’opera a verde potrebbe divenire un importante strumento nella gestione degli appalti per individuare e selezionare le aziende e le competenze atte al conseguimento dei migliori risultati.
STANDARD DI QUALITA’ PER IL VERDE IN CITTA-Rivista QUALITA’ Ed. 5/23

 

Boschi vetusti: istituita la rete nazionale

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I “boschi vetusti” sono sistemi forestali non utilizzati dall’uomo da tempi più o meno remoti che hanno riconquistato, per questo, quei caratteri di naturalità che li rendono simili alle antiche foreste primarie. Essi sono un importante serbatoio di biodiversità e sono di fondamentale importanza per lo studio delle dinamiche naturali che caratterizzano i boschi e, quindi, per lo studio della sostenibilità della gestione forestale.
Tra le prime definizioni di “foreste vetuste” le più esplicative sono quella proposta nell’ambito di una Conferenza organizzata dalla FAO nel 2001: “Una foresta vetusta è un bosco primario o secondario che abbia raggiunto un’età nella quale specie e attributi strutturali normalmente associati con foreste primarie senescenti dello stesso tipo, si
siano sufficientemente accumulati così da renderlo distinto come ecosistema rispetto a boschi più giovani” e quella messa a punto dal Ministero della Transizione Ecologica-MITE nel 2009 nell’ambito del progetto “Le Foreste Vetuste nei Parchi Nazionali Italiani” (Contributo tematico alla Strategia Nazionale per la Biodiversità) in cui sono stati identificati e studiati numerosi boschi con caratteristiche di vetustà.
A livello internazionale, l’Unione europea raccomanda, sia nella strategia Forestale (Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo 20 settembre 2013), sia nella recente Strategia 2030 per la biodiversità (Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo 20 maggio 2020) di “proteggere rigorosamente almeno un terzo delle zone protette dell’UE, comprese tutte le foreste primarie e antiche ancora esistenti sul suo territorio” senza però indicarne una definizione.
Nella Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030 (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) nell’obiettivo strategico volto a costruire una rete coerente di aree protette terrestri e marine, si individua come “ulteriore contributo alla lotta ai cambiamenti climatici la protezione rigorosa degli ecosistemi ricchi di carbonio come foreste vetuste, torbiere, pascoli, zone umide, praterie a fanerogame marine, alghe ed ecosistemi marini calcificanti”.
Il 20 marzo 2023 la Commissione europea ha emanato le Linee guida della per  definire, mappare, monitorare e proteggere rigorosamente le Foreste Primarie e le Foreste Vetuste dell’UE. In esse vengono fornite queste definizioni:
Primary forest: “Naturally regenerated forest of native tree species, where there are no clearly visible indications of human activities and the ecological processes are not significantly disturbed”;
Old-growth forest: “A forest stand or area consisting of native tree species that have developed, predominantly through natural processes, structures and dynamics normally associated with late-seral developmental phases in primary or undisturbed forests of the same type. Signs of former human activities may be visible, but they are gradually disappearing or too limited to significantly disturb natural processes”.
In Italia, sulla base  delle Linee guida per l’identificazione delle aree definibili come boschi vetusti (approvate con il  Decreto n. 608943 del 19 novembre 2021) in cui venivano definite le caratteristiche e le dimensioni per poter considerare un’area boschiva come vetusta, il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste ha istituito (con il decreto n. 193945 del 5 aprile 2023 ) la Rete nazionale dei “boschi vetusti” di cui faranno parte le aree identificate dalle Regioni ai sensi del Testo unico delle foreste e delle filiere forestali che definisce il bosco vetusto come “superficie boscata costituita da specie autoctone spontanee coerenti con il contesto biogeografico, con una biodiversità caratteristica conseguente all’assenza di disturbi da almeno sessanta anni e con la presenza di stadi seriali legati alla rigenerazione ed alla senescenza spontanee” (1).
La costituzione e l’aggiornamento della Rete nazionale dei boschi vetusti sono affidate alla Direzione generale dell’economia montana e delle foreste-Ufficio DIFOR IV del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
Nella Rete nazionale dei “boschi vetusti” è istituita, altresì, una sezione speciale nella quale sono inserite le foreste che l’UNESCO ha riconosciuto come “antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni d’Europa” nell’ambito del sito seriale transnazionale, composto da 94 parti in 18 paesi europei: Albania, Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Italia, Macedonia del Nord, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ucraina.
Le faggete italiane inserite nel sito transnazionale UNESCO si trovano nelle seguenti località (lista, localizzazione, estensione):

  • Valle Cervara, Selva Moricento, Coppo del Morto, Coppo del Principe, Val Fondillo, Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise
  • Cozzo Ferriero (Potenza) e Pollinello (Cosenza), Parco Nazionale del Pollino
  • Falascone e Pavari-Sfilzi,  Foresta Umbra, Parco Nazionale del Gargano
  • Monte Cimino (Viterbo)
  • Monte Raschio (Oriolo Romano, Viterbo)
  • Sasso Fratino, Parco nazionale delle Foreste Casentinesi
  • Valle Infernale, Parco Nazionale dell’Aspromonte.

(1) art. 3, comma 2, lettera s bis-Lettera aggiunta dall’art. 4, comma 4-quater, D.L. 14 ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 dicembre 2019, n. 141

Bibliografia
Antichi Patriarchi, Alessandro Cerfolini, Rivista NATURA, Anno XXIV, n. 136, settembre-ottobre 2023

Capitale naturale, verde urbano, servizi ecosistemici e tutela della biodiversità

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Biodiversità, sviluppo sostenibile, servizi ecosistemici, capitale naturale e verde urbano sono alcuni dei temi al centro delle strategie nazionali, europee e internazionali, solo parzialmente considerate vincolanti dalle politiche del nostro Paese e delle nostre città, e che trovano molti ostacoli e difficoltà ad essere  recepite a livello attuativo e a essere trasformate in programmi concreti.
La recente revisione costituzionale, avvenuta l’8 febbraio 2022 con l’introduzione nella Costituzione, all’articolo 9, del comma su “la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, rappresenta un passo molto importante per il Capitale Naturale italiano (*). Viene infatti così riconosciuto tra i principi fondamentali della nostra Repubblica il valore di una componente essenziale della base della salute di una nazione e cioè la varietà degli ecosistemi e della biodiversità e i servizi fondamentali che quotidianamente ci vengono da essi forniti, inclusi aria pulita, suolo fertile e sano, cibo sano e acqua potabile. Unitamente, nell’articolo 41, si prevede che l’iniziativa economica non possa svolgersi “in modo da recare danno alla salute e all’ambiente” e che possa essere indirizzata e coordinata anche “a fini ambientali”, oltre ai già previsti fini sociali.
A ciò si collega direttamente il principio del danno non significativo (DNSH-Do No Significant Harm) richiamato dal PNRR, secondo il quale tutti gli interventi previsti dai Piani nazionali non devono arrecare danno significativo all’ambiente. In particolare il requisito DNSH prevede che l’attività che contribuisce almeno a uno dei 6 obiettivi ambientali (mitigazione dei cambiamenti climatici; adattamento ai cambiamenti climatici; uso sostenibile e protezione delle risorse idriche; transizione verso un’economia circolare; prevenzione e controllo dell’inquinamento; ripristino della biodiversità e degli ecosistemi) non deve arrecare un danno significativo a nessuno degli altri 5 obiettivi.
Occorre richiamare inoltre ciò che è indicato nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile che, con l’Obiettivo 15, fissa alcuni importanti traguardi da raggiungere per “ Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre” e fornire, entro il 2030, l'”accesso universale a spazi verdi e pubblici sicuri, inclusivi e accessibili, in particolare per donne, bambini, anziani e disabili per rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi” (Obiettivo 11).
Anche la nuova strategia forestale dell’UE per il 2030, una delle iniziative faro del Green Deal europeo, basata sulla strategia dell’ UE in materia di biodiversità per il 2030, intende contribuire a conseguire gli obiettivi in materia di biodiversità, riconoscendo il ruolo centrale e multifunzionale delle foreste e il contributo dei silvicoltori e dell’intera catena del valore forestale, per realizzare un’economia sostenibile e climaticamente neutra entro il 2050 e preservare zone rurali vive e prospere.
Infine, la Relazione di previsione strategica 2022 affronta il tema dell’interazione tra le transizioni ecologica e digitale verso il 2050, indicando la necessità di intervenire per “intensificare la diplomazia verde e digitale, sfruttando il potere normativo e di standardizzazione dell’UE e promuovendo nel contempo i valori dell’Unione e i partenariati”.
In questo quadro si inserisce il 5° Rapporto sullo stato del Capitale Naturale approvato il 3 febbraio 2023, che contiene una serie di raccomandazioni tra cui quelle che riguardano il verde urbano. In particolare si sottolinea la necessità di:
-impiegare una scrupolosa attenzione ai principi promossi dalla Strategia Nazionale del Verde Urbano e alle indicazioni contenute nel Piano di Forestazione urbana e extra urbana;
-capitalizzare gli investimenti legati alla forestazione urbana e periurbana che costituiscono una necessità di conoscenza scientifica e monitoraggio ambientale, in sinergia con la pianificazione urbanistica del verde. Per questo è necessario anche costituire una rete straordinaria eccezionale di aree permanenti di osservazione per la biodiversità arborea in ambiente urbano, prevedendo sistemi di monitoraggio della vitalità di semi e piantine, della funzionalità ecosistemica nel tempo e in funzione delle fasi di maturazione e la verifica delle relazioni tra criteri di coerenza ecologica e successo degli impianti. Inoltre dovrà essere posta particolare attenzione al materiale di propagazione forestale che, come previsto dal Piano di Forestazione, dovrà essere costituito da specie autoctone il cui approvvigionamento da parte delle Città Metropolitane dovrà essere assicurato presso vivai in grado di certificarne la provenienza.
Nel Rapporto è riservata una attenzione anche agli aspetti economici, come ad esempio quelli che riguardano gli investimenti per la Contabilità Ambientale, e in particolare quella relativa alle foreste e agli ecosistemi.

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Un giardino didattico dedicato a Carlotta Parisi Strampelli

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E’ stato inaugurato nel marzo 2023 a Macerata, il giardino didattico sperimentale dell’Istituto Agrario Garibaldi (la scuola agraria tra le più antiche d’Italia, nasce nel 1869 da una colonia agraria istituita in seguito alla proposta, avanzata dal Prof. Angelo Monà, di fondare un Convitto Agrario per la formazione di “buoni agenti di campagna”) intitolato a Carlotta Parisani-Strampelli, la donna che ebbe un ruolo di primo piano nella ricerca agronomica condotta dal marito Nazareno Strampelli e che rivoluzionò la coltivazione del frumento in Italia.
Il progetto è stato coordinato dal prof. Mirko Grasso e ha comportato una risistemazione del giardino, diviso in aree specifiche, delimitando il perimetro della pianta rettangolare con siepi e rampicanti. All’ingresso, dove si percorre il “Viale delle giuste” dedicato alle donne protagoniste della lotta di Liberazione dal nazifascismo, sono state poste a dimora nel tempo molteplici varietà di glicini e rose. L’area successiva, quella delle acidofile, è ricca di cultivar con caratteristiche pedologiche simili: ne è un esempio l’Hydrangea quercifolia, ovvero l’ortensia con le foglie simili a quelle delle querce. Si accede poi a quattro settori trapezoidali, che fanno da cornice all’aiuola ottagonale, che costituiscono l’Area Mediterranea, cui segue l’Area Aromi, così chiamata per la presenza di specie come l’Helichrysum italicum impiegate in cucina e nella realizzazione di oli profumati. Il percorso termina con l’Area Xerofile, un’aiuola caratterizzata dalla presenza di piante resistenti alla siccità come la graminacea Stipa tenuifolia.
Carlotta Parisani Strampelli dedicò la propria vita alla ricerca scientifica nella genetica agraria e al miglioramento genetico vegetale. Nasce a Roma da una famiglia aristocratica. Nel 1900 sposa Nazareno Strampelli, l’agronomo e genetista considerato il precursore della “Rivoluzione verde”. Segue il marito a Rieti, dove ha ruolo cardine nei successi professionali del marito: diventa la sua principale collaboratrice e un’esperta di impollinazione artificiale dei grani. Sarà lei a realizzare materialmente, rimanendo per ore curva sotto il sole, quegli incroci genetici dei grani selezionati dal marito, che daranno vita alle nuove varietà di frumento, adatte a vari tipi di terreni e resistenti alle fitopatie. Meriti che il marito stesso le riconosce, battezzando le nuove tipologie di grano con suo il nome: il grano “Carlotta Strampelli”, per il quale ottennero il “premio Santoro” dell’Accademia nazionale dei Lincei, il “Carlottina bianca” e il “Carlottina rossa”. Carlotta muore a Roma nel 1926.
Per i 150 anni dalla nascita di Carlotta Parisani è stato istituito il premio “Carlotta Award 2018”, assegnato alla giovane studiosa russa Ksenia Krasileva, del Norwich Research Park britannico.
Presso l’Archivio di Stato di Rieti è conservata la documentazione costituita dalle carte rintracciate prevalentemente nella stanza di lavoro di Nazareno Strampelli presso la sede della Stazione sperimentale di granicoltura di Rieti, nella zona di Campomoro. Il materiale riguarda da un lato aspetti prettamente privati della vita di Strampelli (le lettere di sua moglie Carlotta, i quaderni universitari, i testamenti, i documenti inerenti alla vita professionale di suo figlio Benedetto) dall’altro la sua attività scientifica (gli appunti di ricerca, le relazioni, la corrispondenza). Tra le carte si sono rinvenuti anche i verbali del consiglio di amministrazione della Stazione sperimentale di granicoltura e la documentazione fotografica relativa ai grani.
Bibliografia
Donne protagoniste del miglioramento genetico vegetale: Carlotta Parisani Strampelli
Atti del Convegno di Studi – Università degli Studi di Macerata – 21 novembre 2014-Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche n. 223
ACCADEMIA DELLE SCIENZE, RELAZIONE SULLA FIGURA DI CARLOTTA PARISANI, MOGLIE DI STRAMPELLI
Conferenza per il 50 esimo anniversario dell’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”
Il CREA secondo classificato al “Carlotta Award 2018”
Silvio Negro – Corriere della Sera Ultima intervista a Nazareno Strampelli
Nazareno Strampelli e il miglioramento genetico del grano tenero
Museo della scienza del grano “Nazareno Strampelli”
Fondo Strampelli Nazareno


Milano: il Museo d’arte della Fondazione Rovati

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Il Museo dedicato a Luigi Rovati, medico, ricercatore e imprenditore farmaceutico, accosta opere d’arte moderna e contemporanea a più di 200 reperti, tra ceramiche, bronzi e ori, della collezione etrusca.
Acquistato nel 2016 dalla Fondazione, il Palazzo di Corso Venezia viene costruito nel 1871 dal Principe di Piombino. L’edificio entra successivamente nella proprietà di Donna Javotte Manca di Villahermosa, vedova del Senatore Ettore Bocconi e nel 1958 viene ceduto a Giuseppina Rizzoli che affida agli architetti Ferdinando Reggiori e Filippo Perego la ristrutturazione sia della morfologia del palazzo che degli interni.
La riqualificazione che lo trasforma in spazio museale avviene su progetto dell’architetto Mario Cucinella con lo studio MCA e conduce all’ampliameno dei piani interrati, con la creazione dello spazio ipogeo dove sono esposti i reperti etrusci, al restauro conservativo del piano nobile (Sala Azzurra, Sala Paolini, Sala Ontani, Sala Armi, Spazio Bianco, Galleria Simeti) e alla realizzazione e allestimento degli spazi dedicati ai servizi di accoglienza e alle funzioni legate all’attività museale. Il Museo viene aperto nel settembre 2022. Continua a leggere….

Milano: il Cimitero Monumentale

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Progettato da Carlo Maciachini (l’eclettico architetto scelto all’unanimità tra i ventotto progetti presentati nel 1863) venne costruito a partire dal gennaio del 1865 e venne inaugurato l’anno successivo, anche se i lavori si protrassero ancora a lungo e Maciachini li seguì fino al 1887.
Il Cimitero Monumentale ospita molteplici opere d’arte firmate dai principali scultori e architetti italiani attivi alla fine dell’Ottocento e nel Novecento, realizzate per i monumenti funebri di grandi famiglie dell’imprenditoria lombarda e di artisti famosi.
Al centro del prospetto frontale del cimitero affacciato sul piazzale di ingresso domina il Famedio, o “Tempio della Fama”, progettato originariamente da Maciachini con la funzione specifica di cappella cattolica e destinato, tra il 1869 e il 1870, a luogo di sepoltura, celebrazione e ricordo dei milanesi di origine o di adozione (compresi gli ospiti e i cittadini onorari) che attraverso opere e azioni hanno reso illustre la città e l’Italia.
Nell’emiciclo interno, il Monumento ai Caduti nei campi di sterminio nazisti, realizzato nel 1945 (la struttura odierna è la terza versione del monumento) su progetto dello studio BBPR, fondato nel 1932 da Gian Luigi Banfi (internato nel campo di Mauthausen dove morì nel 1945). Al centro della griglia tridimensionale è posta una teca di vetro contenente un’urna, cinta da filo spinato, che custodisce al suo interno della terra proveniente dal campo di Mauthausen. Continua a leggere…

Milano: i giardini pubblici Montanelli

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Il parco, voluto alla fine del Settecento dal vicerè Ferdinando d’Asburgo che decise di trasformare l’area nel primo giardino pubblico cittadino, una volta acquisite le proprietà della Basilica paleocristiana di San Dionigi (poi demolita) e del convento delle Carcanine. E’ ispirato dai principi illuministi di razionalizzazione dello spazio e realizza un impianto tipicamente “alla francese”, rilevabile nel gusto geometrico delle aiuole e nell’inquadramento prospettico dei viali alberati. Continua a leggere…

Milano: la Galleria d’Arte Moderna

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La Galleria ha sede nella Villa Reale, in via Palestro (un tempo via Isara), un edificio costruito tra il 1790 e il 1796 su progetto dell’architetto Lepoldo Pollack come residenza del conte Ludovico Barbiano di Belgiojoso e si affaccia su un giardino all’inglese, il primo realizzato a Milano, che la separa dalla città. Fondata nel 1903 unendo le collezioni civiche con un importante deposito di opere d’arte dell’Accademia e della Pinacoteca di Brera, conta circa 4.000 opere (appartenenti al Neoclassicismo di fine ‘700, al Romanticismo, ai maestri della Scapigliatura, del Realismo, del Divisionismo e del Simbolismo dei primi anni del ‘900. Continua a leggere….

Karl Foerster e il giardino naturale

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Il 27 novembre 2020, in occasione del cinquantenario della sua morte, si è tenuta una conferenza organizzata dal Garden club di Ispra dedicata alla figura del grande botanico e vivaista tedesco Karl Foerster, una figura molto importante che ha ispirato molte delle attuali tendenze del giardino naturale.
Dopo gli studi come apprendista giardiniere a  Schwerin, Foerster studia presso l’accademia di giardinaggio “Gaertnerlehranstalt Wildpark bei Potsdam” a Posdam e in seguito in Italia, a Bordighera, sotto la guida del vivaista e paesaggista Ludwig Winter (1846-1912) botanico e architetto del paesaggio tedesco, progettista di vivai e giardini come i Giardini Hanbury di La Mortola, in provincia di Imperia.
Nel 1903 comincia a rivitalizzare il vivaio di famiglia a Berlino-Westend con l’obiettivo di selezionare specie di piante, soprattutto perenni e graminacee, con caratteristiche di bellezza, durata, resistenza e bassa manutenzione e nel 1907 pubblica il suo primo catalogo. Durante il nazismo continua ad impiegare maestranze ebree e si rifiuta di coltivare solo le piante autoctone tedesche. Dato che il vivaio si trovava nella ex Germania dell’est si sviluppano in questa zona molti giardini con piante perenni e graminacee. Autore di numerose pubblicazioni, disponibili in lingua tedesca (l’unico tradotto in italiano è ‘Erbe e felci nel giardino’ di Franco Muzzio editore in una collana diretta da Pizzetti) ha dato il suo nome a molte piante: una delle più famose è la Calamagrostis x acutiflora stricta poi denominata ‘Karl Foerster’ (pianta ibrida in natura i cui progenitori sono C. arundinacea e C. epigeios) un esemplare fu da lui rinvenuto in natura e successivamente riprodotto.
Con i suoi due soci H. Mattern e H. Hammerbacher creò uno studio per offrire servizi di consulenza e progettazione (‘Gartengestaltung Bornim’) e fondò una scuola per diffondere i principi del ‘New German Garden style’. Ebbe grandi influenze negli Usa e suoi seguaci furono gli architetti paesaggisti Wolfgang Oehme e James van Sweden, fondatori dello studio Oehme-Van Sweden, ispirando in Europa Piet Oudolf, designer e scrittore olandese, una delle figure più importanti del movimento New Perennial.
Il suo giardino privato di Posdam, oggi gestito dalla nipote, fa parte del patrimonio mondiale UNESCO “Potsdam Sans Souci”; è suddiviso in quattro zone ognuna dedicata ad una stagione dell’anno.
Il Garden club del CCR-Centro Comune di Ricerca a Ispra, grazie al contributo del Semestre culturale tedesco che ha finanziato l’acquisto delle piante dal vivaio di Cascina Bollate, ha realizzato un piccolo giardino didattico ispirato alla filosofia e allo stile di Karl Foerster nel retro della scuola media nel centro del paese sulla sponda lombarda del Lago Maggiore.
Fonte:
Giardini in viaggio: BLOG di Laura Pirovano

Ivrea: la mostra sui negozi Olivetti

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I NEGOZI OLIVETTI. ARCHITETTURA E ARTE NEGLI SHOWROOM OLIVETTI
La mostra, inaugurata il 26 novembre 2022 al Museo civico Garda di Ivrea, illustra gli spazi dei punti vendita Olivetti, rappresentati dalle immagini fotografiche realizzate da grandi fotografi. Nella mostra è visibile la statua in gesso La Donna Volante, realizzata dall’artista berlinese Jenny Wiegmann Mucchi. Le mani della figura di donna modellata nel gesso, calata dall’alto, convergevano sulla macchina per scrivere M40. La Donna Volante si trovava nella vetrina del negozio Olivetti di Napoli, fortemente danneggiato dai bombardamenti del 1943 e, nel dopoguerra, l’angelo onirico di Jenny Wiegmann Mucchi risultava scomparso. Per molti anni le sorti della statua sono state avvolte nell’oblio, fino a quando è stata ritrovata a Ivrea, in un solaio della fabbrica di mattoni rossi, il 22 novembre del 2019 ed è stata restaurata dal Centro di Conservazione e Restauro de La Venaria Reale di Torino.
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Genova, Rubens, Adelaide Ristori e Luzzati

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Inizio del nuovo anno a Genova con la visita della città, di Casa Luzzati, della mostra della fotografa Sabine Weiss, di quella su Adelaide Ristori e dei Palazzi dei Rolli, dove si svolgono una serie di esposizioni legate all’iniziativa Rubens a Genova, nata in occasione del quarto centenario della pubblicazione ad Anversa del celebre volume di Pieter Paul Rubens, Palazzi di Genova (1622) dedicato a Carlo Grimaldi, che contiene le illustrazioni di 12 edifici denominati con le lettere da A a K e rappresentati in 72 tavole.
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A Nervi la straordinaria collezione di Mitchell Wolfson jr

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Uno dei Musei più interessanti di Nervi è il Museo Wolfsoniana, inaugurato nel 2005, la cui collezione permanente è focalizzata principalmente sulle arti decorative e di propaganda del periodo 1880 – 1945, dall’Art Nouveau al Déco, dal Novecento al Razionalismo.
Il Museo raccoglie una straordinaria varietà di materiali (dipinti, sculture, mobili, arredi completi, vetri, ceramiche, ferri battuti, argenti, tessuti, progetti di architettura, grafica, manifesti e materiali pubblicitari, bozzetti e disegni, libri e riviste, oggetti d’uso quotidiano e design industriale) provenienti principalmente dalla donazione di Mitchell Wolfson Jr., uomo d’affari e mecenate americano, che inizia la carriera diplomatica a Torino e viene poi trasferito al Consolato statunitense a Genova.
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Porto Venere e la nave Exodus

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28 Dicembre 2023
La seconda tappa del mio soggiorno ligure è Porto Venere. Posta nell’omonimo Parco Naturale Regionale, che si estende per circa 400 ha racchiudendo il promontorio, le isole Palmaria, Tino e Tinetto e l’Area di Tutela Marina nel Golfo della Spezia Porto Venere, antico scalo fin dalle epoche romana e poi bizantina, viene cinta da mura dai genovesi tra il 1113 e il 1161 e muta il suo aspetto da castrum a borgo fortificato.
Alla fine della seconda guerra mondiale, quando il Golfo della Spezia divenne base di partenza degli scampati ai lager nazisti per raggiungere la “Terra promessa”, diviene testimone degli avvenimenti poi narrati nel libro di Ada Sereni “I clandestini del mare”.
Nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1947 la nave Trade Winds/Tikva, allestita in Portogallo, imbarcò 1.414 profughi a Porto Venere; nelle stesse ore era giunta nelle acque del Golfo della Spezia, proveniente da Marsiglia, la nave President Warfield. Essa venne ristrutturata nel cantiere dell’Olivo a Porto Venere per la più grande impresa dell’emigrazione ebraica: trasportare 4.515 profughi, stivati su quattro piani di cuccette, dall’altra parte del Mediterraneo. L’imbarcazione divenne un simbolo del sostegno e dell’accoglienza ai profughi ebrei, prese il nome di Exodus, raggiunse le coste della Palestina, venne attaccata dagli Inglesi che impedirono ai profughi lo sbarco, ma avviò la nascita dello Stato di Israele.
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La Spezia, porta di Sion

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26 dicembre 2022
Ancora un breve soggiorno in Liguria, motivato dalle feste natalizie, dalla voglia di vedere cari amici  a cui sono molto legata, dalla curiosità di conoscere e dall’interesse per luoghi, musei, mostre d’arte.
La Spezia è la prima tappa del mio soggiorno. Borgo fortificato fino al XVIII secolo, circondato da bastioni, dal Castello di San Giorgio, sede del Museo Civico Archeologico “Ubaldo Formentini”, e dalle mure seicentesche, subisce grandi cambiamenti a partire dal 1862 con la costruzione dell’Arsenale e, successivamente, a seguito dei pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Conosciuta come la “porta di Sion” poichè alla fine della seconda guerra mondiale dal golfo spezzino (noto come il Golfo dei poeti) si mossero le navi La Fede, La Fenice e la Exodus che portarono clandestinamente gli ebrei scampati ai lager nazisti e diretti in Palestina, cosi come raccontato nel libro di Ada Sereni “I clandestini del mare”,  è una città che vale veramente la pena di visitare, anche per la presenza di edifici costruiti con molteplici stili, dal medioevo ai giorni nostri.
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Torino, Venaria, Stupinigi e Ivrea: mostre, musei, gianduiotti e tramezzini!

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17-21 febbraio 2022
“Noi crediamo profondamente alla virtù rivoluzionaria della cultura che da all’uomo il suo vero potere e la sua vera espressione”, Adriano Olivetti
Un breve ma intenso soggiorno: attirata dalla mostra dedicata a Giovanni Fattori a Torino e dalla voglia di rivedere amici di antica data, legati da esperienze fatte ormai tanti anni fa ma mai dimenticate e che con affetto mi hanno accompagnato nella visita della città (e non solo).
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Plants of the Bible

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Over 100 kinds of plants are mentioned directly or indirectly in the New and Old Testaments of the Bible.
The Land of Canaan is the country of origin of the “Seven Species”: wheat, barley, vine, fig, pomegranate, olive and date.
Wheat (Triticum durum). For the Lord your God is bringing you into a good land, a land of brooks of water, of fountains and spring, flowing forth in valleys and hills, a land of wheat and barley, of vine and fig trees and pomegranates, a land of olive trees and honey (Deuteronomy 8:7-8).
Pomegranate (Punica granatum). And the came to the Valley of Eschol, and cut down from there a branch with a single cluster of grapes, and they carried it on a pole between two of them; they brought also some pomegranates and figs (Numers 13:23).
Olive (Olea europea). The trees once went forth to anoint a king over them; and they said to the olive tree, “Reign over us”. But the olive tree said to them, “Shall I leave my fatness, by which gods and men are honoured, and go to sway over the trees?” (Judges 9:8-9).
Date (Phoenix dactylifera). The righteous flourish like the palm tree, and grow like a cedar in Lebanon. They are planted in the house of the Lord, they flourish in the courts of our God. They still bring forth fruit in old age, they are ever full of sap and green (Psalms 92:12-14).
Fig (Ficus carica). For behold, the winter is past; the rain is over and gone.The flowers appear on the earth, the time of singing has come, and the voice of the turtledove is heard in our land.The fig tree ripens its figs, and the vines are in blossom; they give forth fragrance (Song of Solomon 2:11-13).
Vine (Vitis vinifera). Beholds, the days are coming, says the Lord, when the plowman shell overtake the reaper and the traeders of grapes him who sows the seeds; the mountains shell drip sweets wine, and all the hills shall flow with it (Amos 9:13).
Barley (Hordeum vulgare). So Naomi returned, and Ruth the Moabites her daughter-in-law with her, who returned from the country of Moab. And they came to Bethlehem at the beginning of barley harvest (Ruth 1:22).

Fonte “Beautiful Plants of the Bible”, David Darom.

 

Parchi urbani e reti verdi: alcune esperienze estere

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Edifici artistici e monumentali, attrezzature per la sosta, per il gioco e per le attività sportive, infrastrutture per l’accessibilità ai portatori di handicap, per l’informazione naturalistica e per i servizi (igienici, di illuminazione, per la raccolta dei rifiuti), scelta degli elementi vegetali in base a criteri ecologici e di adattamento all’ambiente (diffusione nell’ambiente, capacità di adattamento climatico), alle caratteristiche morfologiche e fisiologiche delle piante (quali rusticità, solidità delle ramificazioni, assenza di nocività, non asportabilità, facilità di manutenzione, capacità di contrastare l’inquinamento e il rumore), criteri estetici e paesaggistici (accostamenti di colori, sistemazioni a verde di tipo informale, ricostruzione di ambienti naturali): sono questi gli elementi di cui si compongono i progetti di importanti e suggestivi parchi urbani realizzati in alcune città europee.

Creato all’inizio degli anni ’80 come parco paesaggistico del XX secolo, l’Irchelpark   rappresenta il parco moderno più grande della Svizzera con circa 32 ettari. Di proprietà del Canton di Zurigo come campus universitario, è accessibile alla popolazione (la normativa ha stabilito che 15 ettari debbano essere destinati a verde accessibile al pubblico) e ai membri dell’Università.

Protetto dalle emissioni delle infrastrutture viarie ad alta frequentazione da rilievi collinari di grandi dimensioni, che ne movimentano la topografia, è stato progettato per ottenere risultati di valore paesaggistico e ambientale, utlizzando materiali da costruzione naturali e creando aree prative a carattere naturalistico, corsi d’acqua, laghi artificiali e corridoi verdi che separano gli edifici universitari.
Il processo di realizzazione del parco è stato lungo e complesso ed è durato dal 1979 al 1986.La città ha partecipato finanziariamente alla progettazione delle infrastrutture ludiche e ricreative e ha gestito il processo di partecipazione e di fruizione, che è avvenuto in fasi successive.
A Barcellona trova un posto di rilievo Parco Guell, progettato dall’architetto Antoni Gaudí  a carico dell’impresario Eusebi Güell e inaugurato come parco pubblico nel 1926.
Il Parco è diviso in due grandi zone, la zona monumentale che si estende per 12 ettari (pari al 7,9% dell’area totale) ed è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità e la zona forestale, situata adiacente alla zona monumentale, che occupa altri 8 ettari. I visitatori possono accedere a tutto il Parco Güell.
Nell’ottobre 2013, il Consiglio Comunale di Barcellona ha attuato una nuova politica di regolamentazione per conservare la zona culturale. L’accesso alla Zona Monumentale è dunque ora limitato. L’acquisto di un biglietto permette ai visitatori di accedere a questa zona e il denaro raccolto viene reinvestito nel parco, sotto forma di vari progetti che aiutano a migliorare e rinnovare aree verdi, punti di vista, sentieri e aree di gioco. Il resto del parco è accessibile gratuitamente.

Park Guell regole

La regolamentazione si è resa necessaria  perché l’enorme afflusso di turisti che visitano il Parco Guell stava mettendo a dura prova lo stato del parco impedendo anche la conservazione del patrimonio culturale (Park Guell, che era stato progettato originariamente come uno sviluppo residenziale per 60 case, non è mai stato pensato per gestire 9 milioni di visitatori all’anno).
Il Regolamento si è posto dunque due obiettivi:
-proteggere, studiare e promuovere l’opera di Gaudí, come stabilito nei requisiti dell’UNESCO e offrire un’esperienza di visita di alta qualità;
-rendere più facile la gestione delle aree verdi, permettere che il parco rimanga un parco urbano, uno spazio per la comunità e anche un luogo per creare ricordi individuali e collettivi.

E’ invece una “svolta green” quella che Stoccarda ha compiuto per affrontare e risolvere i problemi urbanistici, ambientali e sociali che la città si è trovata ad affrontare a partire dagli anni ottanta quai la distruzione della struttura urbana come conseguenza della seconda guerra mondiale, l’inserimento della rete viaria, l’inquinamento da traffico automobilistico, l’allontamento degli abitanti dal centro cittadino.

La municipalità, una delle prime a introdurre la raccolta differenziata dei rifiuti domestici e a rendere obbligatorio il “rinverdimento” dei tetti, diede il via a una politica ambientale strutturata, riassumibile in sei azioni integrate le une alle altre:
-realizzazione di un sistema di trasporto pubblico integrato
-realizzazione di percorsi pedonali e ciclabili
-creazione di zone pedonali dotate di alberature, aree di sosta e parcheggi di scambio
-realizzazione di 200 ettari di parco, l’“U verde”, un ampio percorso ciclo-pedonale, affiancato dalla U-Bahn, ricco di specchi d’ acqua, punti di ristoro, centri di aggregazione e lunghe file di alberi ad alto fusto, che si sviluppa per 8 km dal centro alla periferia
-adozione di regolamenti edilizi e politiche finalizzate a incentivare la costruzione di edifici ad alto risparmio energetico con soluzioni innovative per contrastare l‘inquinamento atmosferico e acustico
-erogazione di prestiti ad interesse zero ai comuni interessati per progetti in cui si ha un risparmio in forma di riduzione dei costi di esercizio e restituzione delle somme corrispondenti fino a coprire i costi degli impianti.
Nel 1996 a nord-est di Stoccarda, in una zona precedentemente occupata da installazioni militari americane dismesse, è stato costruito un nuovo quartiere residenziale con differenti tipologie abitative per soddisfare le diverse esigenze, basato su criteri di sostenibilità, nel quale sono stati installati 1750 mq di pannelli solari termici e si è imposto l’obbligo di osservare gli standard per gli edifici a basso consumo energetico. E’ stato costruito un impianto alimentato a gas naturale per la produzione di calore, i tetti delle abitazioni sono “verdi”, i parcheggi a fondo erboso e sono previsti un numero di alberi per lotto. E’ stato imposto un limite di velocità di 30 km/h e oltre le abitazioni sono state costruite una scuola, un asilo, un palazzetto per lo sport e strutture per il tempo libero.
(Fonte: Le città “smart”: Stoccarda, da città industriale a modello ecologico – Le sei azioni di una politica ambientale vincente, on

Sheffield: il progetto “Grey to Green”

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La rivista ACER IL VERDE EDITORIALE (n. 4/22) ci propone, in un articolo di Raffaele Orrù, una interessante esperienza che la città di Sheffield affronta in maniera sperimentale dal 2014 in tema di verde urbano, proponendo soluzioni al passo con le nuove esigenze ambientali, sociali, estetico-paesaggistiche e economiche sorte  in questi ultimi anni. Ai nuovi obiettivi che si vanno definendo occorre infatti rispondere con strategie e soluzioni tecniche innovative, in grado di “razionalizzare l’uso delle risorse impiegate e massimizzare i benefici prodotti”. Ed è cosi che nasce il progetto “Grey to Green” (dal grigio al verde) che pone al centro la componente vegetale e che “porta colore e sostenibilità nel cuore della città…offre rifugio e calma nell’ambiente urbano e ha trasformato un’area asfaltata in uno spazio pubblico dedicato al verde e che incoraggia la mobilità lenta”. Gli interventi puntano a reimpermeabilizzare il terreno, utilizzare differenti tipologie di comunità vegetali composte da 30 specie diverse, creare aree di sosta piacevoli, in un contesto di qualità dal punto di vista, funzionale, estetico e paesaggistico.
Il progetto si caratterizza dunque per un approccio naturalistico, basato su un uso consapevole delle piante, in grado di offrire benefici in termini ambientali (regimazione delle acque meteoriche, mitigazione del calore, creazione di habitat per l’entomofauna), socialieconomici (riduzione degli interventi di manutenzione).
La soluzione realizzata presenta tuttavia alcuni aspetti di complessità: necessità di attività di sperimentazione, studio e ricerca, è più difficile da progettare e da rappresentare alla committenza, richiede una manutenzione specializzata, offre risultati meno controllabili anche dal punto di vista dell’immagine finale che potrebbe apparire, agli occhi dell’opinione pubblica, disordinata e poco attrativa.
Tali limiti rappresentano però degli ostacoli più di tipo organizzativo e culturale, da affrontare con campagne di educazione e di sensibilizzazione, accompagnate da una buona dose di volontà!

Le piante tintorie

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Le piante tintorie sono le essenze che possiedono, nelle foglie, nei fiori, nella corteccia e nelle radici, particolari pigmenti in grado di essere utilizzati per tingere tessuti, pellami, capelli e che permettono moltissime applicazioni nei settori alimentare, cosmetico, dei  filati, per la fabbricazione di candele di cera colorate, per la colorazione di oli essenziali e altri distillati.
Il loro utilizzo fin dai tempi arcaici è testimoniato dal ritrovamento di indumenti colorati e di tracce di tintura di robbia tra le rovine della civiltà della valle dell’Indo risalente al 3500 a.C. e in alcuni documenti scritti ritrovati in Cina e datati 2600 a.C.
Le piante in grado di fornire coloranti naturali sono diffuse ovunque sul pianeta e comprendono oltre 1000 specie presenti intutti gli Ordini e in numerose famiglie botaniche (Vetter et al., 1999) e presentano caratteristiche botaniche, biologiche e areali diversi tra loro (Cardon, 2007). Tra le numerose specie in grado di fornire coloranti vegetali ve ne sono alcune, che più di altre, presentano una buona adattabilità ad un ampio range di condizioni climatiche, elevate potenzialità produttive ed un più facile inserimento nei tradizionali ordinamenti culturali (Angelini 2008; Vetter et al., 1999).
Tra le specie di importanza storica per le quali in passato furono avviate vere e proprie filiere produttive, si possono citare l’indigofera (Indigofera tinctoria L.),  la persicaria dei tintori [Persicaria tinctoria (Ait.) Spach] e il guado (Isatis tinctoria L.) per il blu- indaco, la reseda (Reseda luteola L.), la ginestra dei tintori (Genista tinctoria L.), il cartamo (Carthamus tinctorium L.), la camomilla dei tintori (Anthemis tictoria L.), lo zafferano (Crocus sativus L.) e la curcuma (Curcuma longa L.) per il colore giallo, la robbia (Rubia tinctorum L.) in grado di fornire il rosso.
Numerose piante officinali sono anche piante tintorie come la Daphne gnidium (nomi volgari Dittinella, Gnidio, Erba corsa) per il colore senape, l’Helichrysum italicum (Elicriso) per il giallo paglierino, la Punica granatum (Melograno) per i colori dal giallo arancio al nero.
Attualmente, i coloranti naturali vengono applicati in attività produttive di limitato impatto economico e in attività dimostrative e educativo-didattiche. Le applicazioni rivolte all’attività industriale sono poche, ma alcune aziende che, fino a qualche anno fa, fornivano unicamente servizi di tintura con prodotti sintetici, hanno preso in considerazione la possibilità di tingere con colori naturali dedicando una parte della loro produzione a questo aspetto.
A Lamoli di Borgo Pace, nelle Marche, ha sede il Museo dei Colori Naturali, che propone ai visitatori un erbario, reperti archeologici, strumenti per l’estrazione dei pigmenti colorati, ma anche coltivazioni sperimentali di piante tintorie.

Le piante tintorie, Università degli Studi Mediterranea di Reggio CalabriaInsegnamento Biologia Vegetale, Fabio Sergi
Le piante officinali e i loro colori

Il giardino sostenibile: il sacrificio dell’estetica a favore dell’ecologia!

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 L’Associazione Italiana Professionisti del Verde, che riunisce persone e aziende che si occupano professionalmente della realizzazione e cura del verde ornamentale e del paesaggio sia pubblico che privato, in un recente intervento sulla rivista ACER Il Verde Editoriale, evidenzia alcuni concetti riguardanti il giardino sostenibile, di cui soprattutto le amministrazioni pubbliche dovrebbero tenere conto nel momento in cui si accingono a gestire, direttamente o attraverso Associazioni di cittadini, giardini e aree verdi.
Innanzitutto l’AIVP ci ricorda che “il giardino non è una entità completamente sotto il controllo umano” ma bensì “una mediazione tra uomo e natura e una entità in continua evoluzione”. Il “Giardiniere sostenibile diviene il custode di questo microcosmo verde, che include la natura del terreno, la sua esposizione, le piante spontanee presenti, i micro e macro-organismi, le piante messa a dimora”.
Ne consegue che un bravo giardiniere persegue gli obiettivi di sopstenibilità attraverso:
-il risparmio delle risorse idriche già nella fase di progettazione, al fine di renderlo idoneo a trattenere le precipitazioni, limitando le pavimentazioni impermeabili;
-sciegliendo piante adatte al micro clima locale, all’esposizione, alle disponibilità idrice;
rispettando e accogliendo le forma di vita del giardino quali insetti, farfalle, uccelli;
-proteggendo la struttura del terreno e riutilizzando gli scarti vegetali proveniente dal giardino stesso per favorire l’apporto di sostanza organica;
-tutelando la biodiversità, non sacrificando l’estetica all’ecologia e accettando anche un certo disordine e informalità come parte dell’equilibrio del giardino;
-riducendo le pulizie autunnali che lasciano il giardino scoperto e il terreno semivuoto e favorendo l’impianto e il mantenimento di prati fioriti, in grado di ospitare altre forme di vita.

Olivetti a Città del Messico

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Lo straordinario progetto di espansione industriale avviato dalla società Olivetti in America Latina è stato il tema della mostra “Olivetti Makes” allestita al Palacio de Bellas Artes di Città del Messico dall’11 ottobre 2018 al 13 gennaio 2019. Si tratta del racconto del progetto di espansione industriale avviato dalla società nel 1949, che ha prodotto alcuni formidabili esempi di architetture industriali. Infatti, da semplice avamposto per la vendita “porta a porta” di macchine per scrivere importate dall’Italia, l’azienda si ristruttura e così la Olivetti Mexicana SA si amplia gradualmente diventando, negli anni Sessanta, l’officina per il montaggio e la fabbricazione di esemplari Made in Mexico.
Nascono fabbriche, magazzini, linee per il montaggio, ma soprattutto grafica, pubblicità e macchine per scrivere portatili rivoluzionarie come quelle più note e oggi simboli internazionali del design italiano. Si tratta della Lettera 22 di Marcello Nizzoli e Giuseppe Beccio e la Valentine di Ettore Sottsass. Per questo motivo nella mostra sono presenti anche i progetti delle fabbriche nell’area di Città del Messico. È il caso di quello in Colonia Industrial Vallejo firmato dall’architetto Felix Candela e inaugurato nel 1965 e quello a Cuautitlan dell’architetto Ricardo Legorreta, rimasto purtroppo solo su carta ma restituito al pubblico attraverso i disegni.
Nel percorso della mostra, curato da Pier Paolo Peruccio, docente del Politecnico di Torino sono esposte la MP1, la Lettera 22, la Summa 15, la Valentine, la Divisumma 24, la calcolatrice ET Personal 510. E poi ancora la Lettera 32, la Programma 101, la Studio 45 e la Divisumma 18, fino a quelle più economiche. É il caso della Olivetti Dora o la Lettera 31 (portatile disegnata da Ettore Sottsass nel 1989) prodotte in grande numero per una diffusione capillare tra le famiglie e nelle scuole proprio in America Latina. Olivetti Makes prende in esame anche il ruolo della Olivetti in  Argentina e in Brasile, dove si producono macchine da calcolo e macchine per scrivere professionali.
Sono inoltre indagati gli aspetti sociali del mondo del lavoro, lo studio di prodotti ad alto contenuto tecnologico, quello dei sistemi di grafica. Ma anche la comunicazione del brand Olivetti, la progettazione degli ambienti di lavoro, residenze e fabbriche. Una sezione è infine dedicata al ruolo della Olivetti in occasione dei XIX Giochi Olimpici di Città del Messico nel 1968, in occasione dei quali vennero allestiti due centri stampa ciascuno studiato nel dettaglio dalla Olivetti, dall’arredamento dei locali ai sistemi di comunicazione e trasmissione al fine di agevolare il lavoro dei giornalisti.
Oivetti in Messico. Ovvero la qualità come sistema
A Città del Messico si racconta l’Olivetti in America Latina
Olivetti Makes, storia di design, industria e società
www.olivettiani.org
La copia 105

Columella “Ricetta per fare la giuncata”

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Columella, L’arte dell’agricoltura
Ricetta per fare la giuncata. “Farai la giuncata in questo modo: prendi un’olla nuova e facci un buco vicino al fondo; poi tura il buco che hai fatto con un legnetto e riempi il vaso con il latte di pecora freschissimo, e aggiungivi dei mazzetti di erbe odorose, origano, menta, cipolla, coriandolo. Metti nel latte queste erbe, in modo che i fili che legano i mazzetti sporgano fuori. Dopo cinque giorni togli il legnetto con cui hai otturato il buco e lascia uscire il siero. Appena comincerà a uscire il latte, richiudi il buco con lo stesso legnetto e, lasciati passare tre giorni, fa uscire di nuovo il siero, nel modo che si è detto sopra; togli anche e getta via i mazzetti di erbe odorose; poi spolverizza sopra il latte un pochino di timo secco e di maggiorana secca e aggiungivi quanto porro da taglio vuoi; dopo due giorni lascia di nuovo uscire il siero, richiudi il buco e aggiungi tanto sale pestato quanto sarà sufficiente, rimescola e, messo il coperchio, chiudilo con la cera e non aprire il vaso che quando ce ne sarà bisogno”.

La moglie del Ménagier

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Vita nel Medioevo, Eileen Power

“La parte dedicata alla cucina, che contiene le istruzioni per “nutrire la parte corporale”, è la più lunga del libro……ciò che colpisce il lettore moderno è la lunghezza e la complessità degli enormi festini, con le loro diverse portate e piatti, e la ricchezza delle vivande fortemente drogate. Ci sono soppressate e salsicce, cacciagione e carne di manzo, anguille e aringhe, pesci d’acqua dolce, pesci di mare di sagoma piatta e di sagoma rotonda, zuppe comuni non drogate, zuppe drogate, zuppe di carne e zuppe senza carne, arrosti, pasticci e contorni, una quantità di salse cotte e crude, zuppe e brodini per ammalati…..Le salse piccanti di aceto, agresto e vino godevano del massimo favore, e chiodi di garofano, cannella, galanga, pepe e zenzero compaiono inaspettatamente nei piatti di carne….Da buon francese il Ménagier incude le ricette per cucinare rane e lumache….Il libro di cucina termina con una sezione che contiene le ricette per fare ciò che il Ménagier chiama “quelle piccole cose che non sono necessarie”. Ci sono diversi generi di marmellate, per lo più fatte col miele: nel Medioevo, evidentemente, questo era un modo comune di preparare la verdura, perchè il Ménagier parla di marmellata di rape, carote e di zucche. C’è un delizioso sciroppo di spezie miste e una polvere di pepe, cinnamono, garofano, cardamomo e zucchero che si doveva spargere sul cibo così come oggi si sparge lo zucchero; c’è una ricetta per il vino cotto, per i “guaffers” o wafers, e per gli aranci canditi. Vi sono molti giudiziosi consigli sui cibi adatti alle diverse stagioni e sui modi migliori di cucinarli e di servirli. Le più divertenti fra tutte sono alcune ricette di natura non culinaria: ricette per fare l’inchiostro blu o quello indelebile, per allevare gli uccelletti negli aviari o nelle gabbie, per preparare la sabbia per le clessidre che misurano l’ora, per fare l’acqua di rose, per seccare le rose da mettere fra i vestiti (come noi oggi mettiamo la lavanda), per curare il mal di denti e per curare il morso di un cane rabbioso”.

Amalia Moretti Foggia, il dottor Amal e Petronilla

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Amalia Moretti Foggia, classe 1872, due lauree (una in Scienze Naturali conseguita nel 1895 presso l’Università di Padova e una in medicina, presa nel 1898 all’Università di Bologna), una specializzazione in pediatria a Firenze (divenne la prima donna in Italia a conseguire questa specializzazione) descrive sè stessa come “la medichessa che in un’epoca in cui nessun bravo borghese si sarebbe fatto curare da una donna, ha dovuto fingersi uomo per essere credibile”. Scrive e pubblica libri e articoli su temi nel campo della medicina, dell’igiene della persona e della salute con lo pseudonimo di Dottor Amal, mentre si occupa di cucina con lo pseudonimo di Petronilla.
Protagonista di rubriche di grande successo, Tra i fornelli in cui dispensava ricette alle massaie piccolo borghesi, La massaia scrupolosa, attraverso la quale impartiva abili consigli di economia domestica, Una mamma e La parola del medico, nella quale forniva consigli di puericoltura e informazioni sulla corretta igiene alimentare, sulla pulizia del corpo e sul corretto uso delle piante alimentari e medicinali, nel 1941 pubblica Ricette di Petronilla per tempi eccezionali nel quale una decina di signore di diversa origine geografica chiacchierano, sferruzzano e, muovendo dalle loro esperienze, si scambiano suggerimenti su come metter su il pranzo con la cena, utilizzando e riutilizzando quel poco che c’è, dando vita a varie sezioni che recitano fra parentesi: “Senza riso. Senza pasta”, “Un minimo di pasta”, “Con minimo o niente grassi”, “Con niente o pochissimo zucchero”. Con Desinaretti per… questi tempi, uscito nel 1944, affronta la necessità di cucinare in un clima di ristrettezze dovute alla guerra, suggerendo come preparare un pranzo in presenza di scarsità di ingredienti: “Ecco qua il modo di preparare un buon desinaretto quando, dal tesseramento, vi verranno concessi i fagioli secchi, o se, durante l’estate, ne avete seccati voi stesse”.
Amalia Moretti Foggia esercitò la sua professione prima a Firenze e poi a Milano come medico fiscale presso la Società operaia femminile di Mutuo Soccorso fino al 1902 quando fu assunta presso l’ambulatorio della Poliambulanza di Porta Venezia.
Petronilla “L’arte di cucinare con quello che c’è!”
Le voci di Petronilla

Villa Borghese: ieri, oggi…e domani?

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Troppo spesso si dimentica di considerare Villa Borghese, ottanta ettari di verde nel cuore di Roma, come un bene culturale, sul quale insistono imprescindibili vincoli di tutela, a partire dal 1912 con la legge n. 688 del 23 giugno che, innovando la legge Rosadi-Nava del 24 giugno 1909, n. 364 sulle antichità e belle arti, allargava la tutela alle “ville, ai parchi e ai giardini che abbiano interesse storico o artistico” e alla quale ha fatto seguito la declaratoria del D.M. 17 novembre 1973 prot. n. 17591 ai sensi della L. 1089/39, con riconoscimento di importante interesse storico artistico della Soprintendenza ai Monumenti del Lazio e, infine, il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42: “Codice dei beni culturali e del paesaggio” che, all’ art. 10 comma 4 lettera f , include tra i beni culturali tutelati ” le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico”.
La sua storia, dai primi anni dell’800, quando apparteneva alla Famiglia Borghese, fino alla vigilia della guerra nel 1936, viene ricostruita con dovizia di particolari e di documentazione storica da Massimo de Vico Fallani nella “Storia dei Giardini Pubblici di Roma nell’Ottocento”.
La Villa, allora, era aperta al pubblico quattro giorni alla settimana e, talvolta, per esposizioni e fiere autorizzate dal principe Borghese. E’ del 12 luglio 1903 la pubblicazione del bando con la notizia dell’acquisizione della Villa (per 3 milioni di lire) da parte dell’amministrazione di Roma: “Per volontà del Parlamento e del Governo del Re, la Villa Borghese è passata in piena proprietà del Popolo di Roma, e dedicata alla memoria di Umberto I”.
Uno dei primi e principali responsabili dei lavori di giardinaggio della Villa fu Nicodemo Severi, direttore del Servizio Giardini e autore del giardino di Piazza Cavour e della passeggiata Archeologica che va da Porta Capena a piazza Numa Pompilio che, fin dal 1904, venne incaricato di un piano di  generale di riordinamento, che pubblicò sulla Rivista da lui fondata “La Villa e il Giardino”. Il Piano scatenò alcune critiche, come quelle mosse da Aristide Sartorio nel 1909, in occasione dello spiantamento dei lecci nella zona dal museo di Parco dei Daini al nuovo accesso ai Parioli “..Non racconterò come la villa sia stata potata con l’istesso sistema del bosco ceduo, non racconterò lo strazio dei lecci sul viale verso il museo, ma, sibbene, come proprio in questi giorni tutto il boschetto dei gelsi a ridosso del Seminario tedesco sia stato letteralmente atterrato. Perchè? Perchè la distruzione delle piante è un metodo del giardinaggio romano contemporaneo, e la direzione dei giardini pare un’azienda per il taglio forestale”.
In occasione dell’Esposizione Universale di Roma del 1911, al limite nord-occidentale della villa, iniziarono i lavori dei giardini davanti al Nuovo Palazzo delle Belle Arti (ora Galleria Nazionale d’Arte Moderna) a Valle Giulia, progettati da Cesare Bazzani unitamente al Palazzo. La sistemazione dei due giardini all’italiana e delle due rampe iniziò nel 1914 e durò fino alla fine del 1916. I lavori comprendevano, oltre alle piantumazioni di alberi, anche movimenti di terra, la costruzione dei contrafforti in scogliera di tufo e la realizzazione della balaustra classica intorno ai giardini. Nell’ambito della sistemazione della scalinata vennero realizzate le due FONTANE DELLE TARTARUGHE e nel 1924 venne completato il muro di sostegno tra i giardini e il confine di Villa Borghese. Le sistemazioni a verde consistevano nella disposizione di filari di lecci intorno alle rampe e nella sistemazione a prato delle scarpate fra i tornanti con pini, sofore pendule e cespugli di alloro. Le siepi geometrizzate dei due giardini pensili erano di bosso nano che si dovette reperire all’estero. In totale per i lavori occorsero 350 allori, 6.500 piante di bosso, 50.000 piantine di bosso nano, 25 grandi lecci, 50 Sophora japonica pendula, 5 quintali di calce viva, 20 mc. di pozzolana, 2.000 mattoni zoccoli.
Con il passaggio di proprietà e con la possibilità di utilizzare la Villa da parte della cittadinanza si assistette ad un dilagare di fenomeni di vandalismo, che presero alla sprovvista “le autorità municipali e di pubblica sicurezza”. Il comportamento dei cittadini divenne uno dei primi motivi di degrado e depauperamento della Villa, insieme ai lavori per adeguarla alle nuove esigenze (adeguamento degli impianti di irrigazione, fognari, recinzioni, muri di confine, viali di collegamento con la città, realizzazione di nuove strutture, a cominciare dal Giardino zoologico) e alle numerose concessioni (come l’affitto dei prati che venivano recintati e coltivati a fieno).
Nel 1914 appare un articolo su La Tribuna del 27 giugno dal titolo “La distruzione sistematica di Villa Borghese” nel quale si mette in evidenza come sia “una convinzione radicata dei nostri amministratori che si debba sempre concedere la villa Umberto I! Oggi questa splendida villa del settecento è già irriconoscibile da quindici anni orsono…”.
Nel 1922 è Severi che, nell’articolo apparso su Il Piccolo del 24 giugno 1922, protesta contro il degrado:”...è appunto contro gli sterri, gli steccati, le concessioni a comitati di benficienza e a società sportive d’ogni genere che io avevo levato la voce….Nessuna Amministrazione Comunale mai, in nessun periodo della storia edilizia della città, era giunta a concedere così facilmente l’uso della villa a scopi privati…”.
Massimo de Vico Fallani osserva inoltre che tutti i lavori eseguiti in quegli anni raramente riguardavano la conservazione della vegetazione, sovente sacrificata per far posto a nuove realizzazioni come ad esempio l’Istituto Internazionale di Agricoltura a scapito di “una bella, fresca e verde pineta”.
Nel secondo dopoguerra furono realizzati restauri e nuove edificazioni che si sono susseguiti nel corso del tempo, tra cui quelli che nel 2004 sono stati realizzati per il restauro delle FONTANE DELLE TARTARUGHE poste su la Scalea intitolata nel 2002 a Bruno Zevi, fino ad arrivare agli interventi che interessano oggi diverse aree della Villa (Riqualificazione ambientale e vegetazionale ville storiche – Villa Borghese e Giardino del Lago di Villa Borghese per un importo complessivo di € 2.333.108,20).
La gestione è affidata alle competenze dell’Ufficio “Servizio Giardini” Villa Borghese che si occupa del verde, degli arredi e dei manufatti e, per quanto riguarda il patrimonio monumentale, le mostre e gli eventi, alle competenze di numerosi Uffici della Sovrintentenza Capitolina ai Beni culturali. A queste si aggiungono quelle relative alla gestione e alla manutenzione della rete stradale, degli impianti idrici e fognari, degli impianti di illuminazione pubblica, delle concessioni commerciali, della rete di trasporto pubblico, degli eventi e delle manifestazioni pubbliche, degli impianti sportivi.
Da molte parti si invoca l’istituzione di un soggetto unico, dotato di figure professionali specifiche, sia in ambito botanico, fitopatologico e agronomico, sia di tipo storico-artistico, archeologico e paesaggistico, in grado di predisporre un piano complessivo di gestione che, partendo da una approfondita conoscenza e analisi del patrimonio ambientale e monumentale della Villa ne definisca, attraverso l’dentificazione di ambiti omogenei, sia gli interventi di manutenzione e restauro che i progetti di valorizzazione e riqualificazione, nel rispetto delle caratteristiche peculiari presenti.
In particolare, appare necessario utilizzare metodologie di approccio ispirate agli indirizzi dettati a livello mondiale per la classificazione, la cura e la valorizzazione dei beni culturali e naturali, a cominciare da quelli della Commissione per i siti UNESCO, utilizzati ad esempio per il sito seriale costituito dalla serie di 14 ville e giardini della famiglia Medici ubicati in Toscana in occasione della propria candidatura come sito UNESCO (Piano di gestione).
Fonti bibliografiche
Storia dei Giardini Pubblici di Roma nell’Ottocento, Massimo de Vico Fallani
Roma, Newton Compton, 1992
I giardini come beni del patrimonio culturale: storia di una legge e questioni interpretative

 


Verde storico: come difenderne identità e valore

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Il Manuale del volontario giardiniere, pubblicato a cura di ReGiS-Rete dei Giardini Storici con finalità educativa, offre l’occasione per portare (o riportare) l’attenzione sul verde storico, componenente fondamentale e di pregio del verde pubblico e privato di molte città italiane.
La premessa del Manuale è la Carta di Firenze, Carta italiana dei Giardini storici del 1981, la quale definisce il giardino storico come “una composizione architettonica e vegetale che dal punto di vista storico o artistico presenta un interesse pubblico. Come tale è considerato un monumento“.
Un giardino è infatti “un’opera polifunzionale e polimaterica” con una ricchezza di significati, culturali, architettonici, botanici, agronomici, estetici, sociali, ecologici, la cui conservazione è assai delicata, sia per la loro complessità che per la precarietà dei materiali di cui è composto, sottoposti all’usura, alle malattie, alle intemperie.
Esso richiede continui interventi, che devono però essere inseriti in un piano di gestione a medio e lungo termine, che tenga conto della sua duplice natura: da una parte esso si presenta infatti come un sistema in continua evoluzione, dall’altra come un bene monumentale e culturale che deve essere salvaguardato.
L’evoluzione nel tempo dei titoli di proprietà, il passaggio di molti di questi siti agli enti pubblici e il conseguente uso collettivo, hanno determinato un loro utilizzo come aree a verde pubblico, senza tenere in giusta considerazione le caratteristiche tipologiche storiche di questi impianti. In molti casi i giardini storici sono infatti gestiti in maniera poco coerente con il loro specifico significato, senza rispettarne ed evidenziarne il valore intrinseco.
L’introduzione di elementi di arredo in materiali moderni, l’apertura spontanea di nuovi sentieri dovuta all’affluenza di visitatori sempre maggiore, l’utilizzo delle aree a prato per attività sportive spontanee, l’inserimento di strutture di servizio (parcheggi, bar, servizi igienici, ..) sono solo alcune delle problematiche che affliggono i giardini storici, legate alla loro fruizione come aree pubbliche.
Occorre invece considerare il giardino nella sua complessità, verificando che le nuove funzioni alle quali essi sono chiamati ad adempiere risultino compatibili con l’impianto storico, architettonico e paesistico, al fine di evitare la perdita di identità di questi luoghi di pregio.

Nomi da ricordare per chi ama i giardini, il verde pubblico e il paesaggio

In primo piano

Carlo Tenerani (Roma 1845 – 1911 post), Maria Teresa Shephard Parpagliolo (1903-1974), Luigi Heydrich e Alfredo Kelbling (morto nel 1888), Augusto Houssaille (morto nel 1886).
Sono alcuni dei nomi da ricordare per chi ama i giardini, il verde pubblico e il paesaggio e che hanno lasciato una loro impronta anche nella città di Roma.
Alfredo Kelbling fu il primo Direttore dei Giardini di Roma nominato per concorso (22 giugno 1887). La Commissione, alla quale pervengono tredici candidature, ritenne che Kelbling possedesse quei requisiti necessari per condurre l’ufficio di direttore di giardini: non solo una cultura generale ma anche quella specifica tecnica pratica, un’età non troppo inoltrata e valenti titoli scientifici. Kelbling era nato in Prussia, aveva appreso l’arte del giardinaggio frequentando il Reale Istituto di San-Souci a Posdam e aveva esercitato la pratica nella Regia Intendenza dei giardini di corte di Sua Maestà l’Imperatore di Germania e successivamente presso i giardini di Krupp. A Roma fu il Direttore dei Giardini di Villa Barberini Sciarra. A lui si deve il progetto di sistemazione del Giardino di Piazza Vittorio Emanuele II (terminato, dopo la sua morte improvvisa, da Carlo Palice, nuovo Direttore del Servizio Giardini e inaugurato l’8 luglio 1888) dove, al centro, viene realizzata una serie di vialetti che si sviluppano collegando i ruderi del Ninfeo di Alessandro (noti come i Trofei di Mario), il laghetto con la fontana, la Porta Magica (Porta Alchemica di Villa Palombara ricostruita all’interno dei giardini su un vecchio muro perimetrale della Chiesa di Santo Eusebio) e le tante essenze esotiche e rare che popolano il giardino. La Piazza del giardino (progettata da Gaetano Koch come previsto nel Primo Piano Regolatore di Roma del 1873 e inaugurata il 19 giugno 1882) viene trasformata in un “fresco giardino verde e fiorito” con “piante di ogni genere, aiuole, alberi e fiori”. Vennero piantati 170 alberi tra cui conifere, palme e Dasylirion, ninfee e altre piante acquatiche nella fontana, rose e caprifogli che si arrampicavano sui manufatti.
Luigi Heydrich, napoletano, è il “florista comunale” a cui l’Amministrazione di Acireale affidò la realizzazione (1875-1876) dell’arredo di Piazza Ruggero Settimo, “Villetta Lionardo Vigo”. L’intervento rappresentò il primo approccio verso una politica del verde che un anno dopo portò alla realizzazione di un giardino ben più ampio e importante (15.000 metri quadri) quale è Villa Belvedere, il Parco Pubblico intitolato a Vittorio Emanuele III. Heydrich dimostrò di essere “molto istruito non solo sulla conoscenza delle piante addette a giardinaggio e alla loro coltura ma benanche in quella della loro disposizione e al buon risaltamento dell’insieme nella parte ornativa”. La sistemazione di Villetta Vigo denota l’intento di creare due aree differenti, la prima che costituisse il proscenio da cui ammirare la seconda. Differenziò pertanto gli alberi messi a dimora, ponendo quelli a minore sviluppo, i ligustri (Ligustrum japonicum) nell’unità più prossima alla piazza e il falso pepe (Schinus molle) nella seconda. Il suo nome lo ritroviamo a Roma in qualità di giardiniere capo quando, tra il novembre 1887 e il maggio 1888, vengono realizzate in amministrazione diretta dal Comune, in base al progetto di Kelbling, le opere del giardino di Piazza Vittorio Emanuele II.
Nella Commissione che seleziona e affida l’incarico di Direttore del Servizio giardini di Roma a Kelbling c’è anche Carlo Tenerani, figlio dello scultore Pietro Tenerani. Oltre che architetto Ingegnere, assessore al Comune di Roma, presidente della Società Orticola Romana e, dal 1906, presidente dell’Accademia di San Luca, Tenerani è stato anche fotografo dilettante iscritto all’Associazione Amatori di Fotografia di Roma dal 1890 (presso l’Archivio Fotografico del Museo di Roma si conservano due sue vedute firmate di via Nazionale, dove era situato il palazzo di famiglia). A lui si deve il disegno della cancellata che circonda il Giardino di Piazza Vittorio Emanuele II, approvato il 4 giugno 1888 dalla Giunta Municipale.
Maria Teresa Parpagliolo rappresenta una figura di spicco nel mondo legato alla progettazione dei giardini e al paesaggio della prima metà del Novecento. Nata a Roma, compie la sua formazione in Inghilterra presso lo studio dell’architetto paesaggista Percy Stephen Cane, svolgendo poi un’attività didattica presso la Scuola Giardinieri di Roma dal 1932 al 1937. Nel 1939 collabora con gli architetti Raffaele De Vico e Pietro Porcinai all’organizzazione dell’intero sistema di parchi e giardini della nuova zona di Roma (EUR) destinata ad ospitare l’Esposizione Universale del 1942. Dal 1940 al 1942 riveste la carica di capo dell’Ufficio Parchi e Giardini della Capitale e diviene negli anni Settanta protagonista insieme a Pietro Porcinai del progetto per la fondazione di una scuola per l’Architettura del Paesaggio.
Augusto Houssaille, francese, fu per dodici anni il capo giardiniere del Pincio a Villa Borghese che, allora, era il principale se non l’unico giardino pubblico di Roma. Portata a compimento tra il 1811 e il 1823, la Passeggiata del Pincio fu ceduta in proprietà al Municipio nel 1848. Dal 1853 la cura dei giardini fu affidata al servizio pubblico municipale, il cui direttore, Luigi Vescovali, si avvalse dell’esperienza del giardiniere e vivaista savoiardo Francesco Vachez, che, tra il 1861 e il 1866, mise mano a una radicale trasformazione della Passeggiata, disegnando un nuovo assetto dei viali e del giardino in stile “inglese”, eliminando l’ippodromo disegnato da Berthault sul lato verso Villa Borghese e introducendo nuovi vialetti curvilinei tra aiuole irregolari.

Fonti bibliografiche
-Quad. Bot. Ambientale Appl., 3, 1992
Piano di Gestione del giardino di Piazza Vittorio Emanuele II, a cura del Comitato Piazza Vittorio Partecipa, 2017
-Storia dei giardini pubblici di Roma nell’Ottocento, Massimo de Vico Fallani, 1992

Calma, serenità e benessere con il Forest Bathing e la Forest Therapy

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“Gli effetti benefici sulla salute che derivano dall’esposizione agli ambienti forestali sono noti da decenni, tanto che in alcuni paesi la terapia forestale ha un ruolo riconosciuto nella prevenzione medica, con risultati in termini psico-fisiologici confermati da una crescente produzione scientifica”. Così viene introdotto il libro realizzato da CNR e CAI in collaborazione con il CERFIT, il Centro Regionale di Riferimento in Fitoterapia presso l’ospedale Careggi a Firenze, che presenta le conoscenze acquisite in questo campo in tre decenni di ricerca scientifica.
“Le pratiche di Forest Bathing e di Forest Therapy sono modi per immergere i nostri sensi nell’atmosfera della foresta per ottenere relax ed effetti positivi per la salute e il benessere”. Così spiega il Forest Therapy Institute (FTI) che organizza attività di formazione di guide certificate, con corsi specializzati per professionisti ai quali vengono fornite competenze per realizzare Passeggiate di Forest Bathing, Programmi di turismo eco-wellness,Workshop e ritiri di Connessione con la Natura, Programmi di riduzione dello stress basati sulla Natura e altre iniziative.
Lo Shinrin-Yoku (Bagno nella foresta) nasce in Giappone nel 1982 come parte di un programma sanitario nazionale per affrontare i disturbi legati allo stress e proteggere le foreste.​ Si tratta di un particolare metodo della medicina naturale basato sul principio che trascorrere del tempo immersi tra gli alberi di una foresta porta innumerevoli benefici fisici e psicologici. Gli studi giapponesi mostrano come esso possa essere praticato anche in città, anche se i maggiori effettivi positivi si hanno lontano dalle aree urbanizzate e in presenza di boschi costituiti da almeno una di queste specie: faggio, leccio, quercia.

Il National Geographic riporta 5 destinazioni dove praticare il Forest bathing (Adirondacks Mountains, New York, Costa Rica, Nuova Zelanda, Hawaii, Kenya).
Anche in Italia troviamo esperienze interessanti come ad esempio presso l’Oasi di Zegna, in Piemonte e all’interno di una splendida faggeta di Fai della Paganella in Trentino.
Del valore di questa pratica ne parla l’esperto Marco Mencagli, dottore agronomo e autore insieme a Marco Nieri del libro La terapia segreta degli alberi, nell’articolo “Le evidenze sull’efficacia degli spazi verdi nel miglioramento delle nostre difese immunitarie”, pubblicato sul numero 1/2021 di ARBOR, la  Rivista della Società Italiana di Arboricoltura.
Terapia della natura e il bagno nella foresta
Come praticare il bagno nella foresta
CAI Il libro della terapia forestale

 

EBREI A ROMA: ASILI INFANTILI DALL’UNITA’ ALLE LEGGI RAZZIALI

In primo piano

In un libro di Giovanna Alatri, insegnante e collaboratrice del Museo della Scuola e dell’Educazione “Mauro Laeng” dell’Università degli Studi Roma Tre, edito da Fefè Editore con la prefazione del Rabbino Riccardo Di Segni e l’introduzione di Paolo Mieli, viene ripercorsa la vicenda delle istituzioni scolastiche israelitiche nella Capitale dedicate alla prima infanzia.
Un viaggio che intreccia urbanistica, storia, educazione in un percorso che parte dal 1870 e si sviluppa fino ai giorni nostri.
Istruzione, integrazione, necessità assistenziali e formazione religiosa: sono questi gli aspetti che caratterizzano gli Asili israelitici di Roma, la cui storia accompagna la riorganizzazione degli ebrei romani dopo il passaggio al Regno di Italia.
Così scrive il Rabbino Riccardo Di Segni nella Prefazione del libro: “L’arrivo del regio esercito sabaudo a Roma, nel settembre 1870, segnò, per gli ebrei di Roma, l’emancipazione da tempo desiderata….Una ricerca, quella di Giovanna Alatri, che racconta una storia di famiglia che si intreccia con la storia della comunità di Roma e della Roma diventata capitale d’Italia”.
La città che fa da sfondo alla vita della Comunità ebraica e degli Asili è quella di Pio IX, al secolo Cardinal Giovanni Maria Mastai Ferretti, che salì al soglio pontificio nel 1846 e che si rese protagonista del caso Mortara, che rappresentò “il più grave incidente tra la chiesa di Roma e la comunità ebraica”, come sottolinea Paolo Mieli nella Introduzione, mettendo tuttavia anche in evidenza le opportunità che in quel periodo “si presentarono per gli ebrei per conquistare spazi fino a poco prima impensabili”, come successe appunto per gli Asili.
Gli Asili nascono dalla fusione della Pia Associazione Ez Haim (Albero della vita) per le bambine ebree e del Pio Istituto Talmud Torà (Studio della Legge) per i maschi. La confluenza delle due strutture, sorte per accogliere i bambini poveri ma che sotto l’illuminata presidenza di Tranquillo Ascarelli tra i 1861 e il 1864 cominciarono a svolgere un’attività più specificatamente didattica, diede vita, nel 1874, all’Opera Pia degli Asili Israelitici di Roma.
Nel 1875, alla prima manifestazione ufficiale degli Asili, Giacomo Alatri (1833-1889) allora Vice Presidente della nuova istituzione, si rallegrò per il “comune cooperare dello Stato e della Città per la prosperità dell’istituto stesso”. Figlio di Samuele Tranquillo Abramo Alatri (1805-1889) che guidò la comunità ebraica romana per circa sessant’anni, Giacomo Alatri divenne Presidente dell’Opera nel 1876 e si dedicò a migliorare i tanti aspetti degli Asili, a cominciare da quello didattico-educativo, senza trascurare quello igienico-sanitario, logistico, dell’alimentazione e dell’accoglienza dei fanciulli e delle fanciulle. Curò l’introduzione di banchi di nuovo modello, disegnati dall’Ing. Vittore Ravà, Ispettore Capo della Società degli Asili “costruendoli per due posti, per lasciare al fanciullo sufficiente libertà di isolarlo, senza impedire di aiutare il compagno”, assegnò ad ogni allievo il proprio cassetto e si prodigò per trovare spazi idonei ad ospitare la scuola.
Dai locali di una casa in via Rua n. 143 al Ghetto, gli Asili si trasferirono provvisoriamente in via di Monte Savello n. 15, quindi in affitto in alcuni locali dell’ex convento annesso alla chiesa di Sant’Agata a Trastevere, per poi traslocare al numero 19 di quella che un tempo si chiamava piazza Italia e, infine, nell’edificio costruito su progetto dell’architetto Giovanni Battista Milani e inaugurato il 26 gennaio 1913 sul Lungotevere Sanzio, dove si trovano ancora oggi.
Il racconto avvincente della storia degli Asili israelitici capitolini corre in parallelo a quello delle condizioni di vita degli ebrei nel Ghetto della Capitale e si intreccia con alcune tappe fondamentali dei percorsi di istruzione nazionale, che vanno dall’introduzione del sistema educativo messo a punto dal pedagogista tedesco Friedrich Froebel (1782-1852) alla nascita delle case dei bambini create da Maria Montessori a partire dal 1907.
Gli Asili, dopo il tragico periodo in cui furono emanati i Decreti legati alle Leggi Razziali del 1938, durante il quale alunni e docenti furono estromessi dagli istituti statali e comunali, proseguono la loro attività ai giorni nostri come scuola paritaria del sistema scolastico italiano.
Per informazioni: Fefè Editore / 06.3201420 e 338.3733845 / fefe.editore@tiscali.it / www.fefeeditore.com

Come si difende un albero?

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COME SI DIFENDE UN ALBERO? E’ questo il titolo di un interessante articolo pubblicato sul sito di Atlantis, di Mauro Zanichelli, una società specializzata in servizi professionali per la potatura e la manutenzione degli alberi attraverso tecniche di tree climbing, nel quale si trattano alcuni aspetti importanti che riguardano la vita degli alberi.
In particolare l’articolo cita il processo, detto di compartimentazione, individuato da un famoso studioso americano attorno agli anni ’70, Alex Shigo, scomparso nel 2006, che ha segnato una svolta fondamentale nel mondo dell’arboricoltura. Il suo nome, e le sue scoperte, dovrebbero essere note a chiunque si occupi di alberi.
La teoria legata al suo nome si chiama CODIT, acronimo che sta per Compartimentalization Of Decay In Tree e illustra come l’albero isola la carie.
Shigo, dopo aver passato la sua  vita a studiare gli alberi e a osservare funghi e insetti, ha illustrato come, a fronte di una lesione dei suoi tessuti, l’albero attivi 4 tipi diversi di barriere: le prime tre sono costituite da aggregati chimici già depositati nel legno e oppongono un ostacolo meccanico alla propagazione dell’infezione rallentando l’avanzata del marciume in senso longitudinale (su e giù per il fusto), in senso radiale (verso il centro del fusto) ed in senso tangenziale (cioè lateralmente attorno al fusto). La barriera numero 4, definita come un “prodigio dell’albero”, è rappresentata da un tessuto nuovo, in grado di bloccare l’avanzata dei patogeni, che si forma sullo strato più esterno del legno vivo.
In questo modo il legno nuovo provvede a separare la lesione dal legno del fusto prodotto fino a quel momento e tutto ciò che l’albero produrrà da quel momento in poi è isolato dall’infezione ed è salvo: le generazioni di legno futuro non potranno essere aggredite dal patogeno.
Nella pratica un albero sano scatena una gara per difendersi dai suoi nemici: si assiste cioè a una progressiva crescita di legno sano verso l’esterno, che fornirà sostegno meccanico e funzionalità biologica all’albero. Al contrario un albero deperito o stressato oppone barriere deboli e si ingrossa poco. Questa condizione di debolezza si riscontra spesso negli alberi in ambiente urbano a causa dei danni che incessantemente subiscono (tra cui anche inutili o errate operazioni di potatura) e di conseguenza la loro capacità di reazione alle lesioni è fortemente rallentata.
Un altro importante e interessante aspetto che viene messo in evidenza è quello dei rami che si spezzano per fratture (legate ad esempio a eventi meteorici) o come conseguenza di errati tagli di potatura. In questi casi, se la parte di ramo superstite ha sufficienti riserve energetiche, tenterà di ripristinare il fogliame perduto e nel frattempo si attiveranno le barriere per arginare l’inevitabile penetrazione dei patogeni dalla ferita, se invece le riserve saranno insufficienti l’albero predisporrà l’abbandono del ramo: mentre il moncone muore e si secca, nel punto in cui si inserisce nel ramo, nella branca o nel fusto da cui deriva, si attiva un meccanismo che isolerà i tessuti sani dall’ambiente esterno creando il cosiddetto collare di compartimentazione, una perfetta barriera contro la penetrazione di agenti esterni, da salvaguardare in ogni caso per non esporre i tessuti sani dell’albero all’aggressione dei patogeni.
Connesso a questo argomento vi è quello che riguarda le “Problematiche strutturali e stabilità degli alberi” trattato in un documento di sintesi curato dal Corpo Forestale dello Stato e dal Centro Nazionale per lo Studio e la Conservazione della Biodiversità Forestale “Bosco Fontana” – UTB di Verona per conto della SIA-Società Italiana di Arboricoltura, nel quale si parla delle cause dei cedimenti strutturali, dell’analisi strumentale per conseguire i profili di densità del fusto (dove è possibile individuare la presenza di vuoti o di cavità), dello studio delle chiome e degli apparati radicali, della valutazione della stabilità degli alberi (Visual Tree Assessment), procedura riconosciuta a livello internazione per accertare lo stato di salute degli alberi, di classi di propensione al cedimento (categorie di rischio fitostatico), in base alle quali vengono stabiliti gli interventi da effettuare (colturali e di abbattimento).

Adriano Olivetti: una figura da ricordare e non solo…

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L’11 aprile del 1901 nasceva Adriano Olivetti, uno dei più grandi e più innovativi imprenditori italiani che fu un simbolo della rinascita del Paese nel secondo dopoguerra.

I 120 anni dalla nascita di Adriano Olivetti meriterebbero qualcosa di più concreto delle celebrazioni
Chi era Adriano Olivetti
L’eredità di Adriano e il Novecento che non abbiamo avuto di Giuseppe Lupo, il Sole 24ore, 10 aprile 2021
ACCADDE OGGI – Olivetti, l’imprenditore visionario nasceva 120 anni fa

 

 

Cecità botanica e giardini in movimento

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I risultati di un’indagine svolta verso la fine degli anni ’80 del secolo scorso nelle scuole americane sulla differenza di interesse mostrata dagli studenti rispetto al mondo animale e al mondo vegetale, hanno portato due studiosi americani, J.H.Wandersee e E.E. Schussler, a coniare per questa nostra tipica tendenza a non considerare le piante, quasi come fossero invisibili (a differenza, invece, della nostra percezione riguardo al mondo animale) il termine “plant blindness” (traducibile come “cecità botanica”) definita come: “the inability to see or notice tha plants in one’s own enviroment, leading to: a) the inability to recognize the importance of plants in the biosphere, and in human affairs; b) the inability to appreciate the aesthetic and unique biological features of the life forms belonging to the Plant Kingdom; and c) the misguided, anthropocentric ranking to the erroneus conclusion that they are unworthy of human consideration[1].
Questa tendenza si mostra in maniera molto evidente nei confronti delle specie selvatiche e spontane, soprattutto in ambito urbano, dove sono sovente indicate in modo dispregiativo con il termine “erbacce” e considerate elemento di degrado e di disordine…Tale atteggiamento impedisce di apprezzarne i numerosi aspetti positivi. Esse sono infatti rustiche e resistenti, elemento essenziale di ricchezza e biodiversità, hanno bellissimi fiori e sono anche specie alimentari, officinali, tintorie e utili per gli insetti anche impollinatori (ogni specie vegetale in natura è adatta ad attirare e nutrire gli insetti. Ma dato che spesso questo rapporto di simbiosi è specie specifico, le diverse specie di piante attirano di preferenza specie diverse di insetti).
Con le specie selvatiche si creano prati fioriti a bassa manutenzione, perché non richiedono concimazioni o uso di fitofarmaci, hanno bisogno di un ridotto numero di sfalci e un minore utilizzo di irrigazione.
Gilles Clément (1943), docente presso l’École Nationale Supérieure de Paysage di Versailles e scrittore, ha influenzato con le proprie teorie e con le proprie realizzazioni (tra queste il Parc André-Citroën e il Musée du quai Branly, entrambi a Parigi) un’intera generazione di paesaggisti. Nel suo libro, IL GIARDINO IN MOVIMENTO, rivoluziona l’idea classica di giardino, ponendo l’attenzione sulla “friche”, ovvero l’incolto. Inizia così una lunga ricerca sui suoli incolti collocati ai margini delle strade, nelle zone abbandonate o dismesse, dove la natura si riappropria dello spazio costruito in degrado. Gilles Clément classifica questi residui come “Terzo paesaggio” e rivoluziona il nostro modo di pensare il giardino tradizionale, lasciando che esso viva senza grande intervento umano. In questo modo non modifica soltanto l’idea di pensare il giardino ma la concezione di estetica dello stesso.

[1] Wandersee e Schussler 1998.

Legge 10/2013 e politiche del verde pubblico urbano: relazione annuale 2019

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Ai sensi della legge 10/2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” il Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico istituito presso il Ministero dell’Ambiente ha presentato alle Camere la Relazione annuale 2019 che contiene elementi finalizzati a fare un bilancio dello stato di attuazione della legge stessa e delle politiche riguardanti il verde pubblico.
La Relazione evidenzia innanzitutto la necessità di un’operazione di “codificazione” della normativa vigente in tema di verde pubblico e di alberi, specie con riferimento agli spazi urbani,che favorisca una visione unitaria e integrata di un fenomeno complesso e interdisciplinare.
Si auspica pertanto il passaggio da una normativa settoriale a un sistema regolatorio che affronti il tema dello sviluppo e della tutela del verde pubblico in maniera congiunta con tutto ciò che vi ruota intorno (salute, efficienza energetica e risparmio, standard urbanistici e governo del territorio, bellezza e paesaggio, storia e identità, turismo, PIL e altro) e che sappia cogliere la sfida lanciata con la Direttiva Europea 2014/95/UE (recepita con d.lgs. n. 254/2016) che ha reso le informazioni di carattere non finanziario obbligatorie a partire dai bilanci al 31 Dicembre 2017, a conferma del fatto che gli investitori richiedendo l’integrazione dei fattori ambientali e sociali, i cosiddetti elementi ESG – environmental, social and governance – nelle analisi dei rischi e delle prospettive future dei business.
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IL GIARDINIERE PROFESSIONISTA

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È datata 6 Luglio 2016 la legge che vieta, di fatto, a chiunque di intervenire sul verde, sia in case private che in aree del settore della pubblica amministrazione, se non in possesso di una formazione professionale adeguata.
Si tratta della Legge 154 del 2016 “Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitivita’ dei settori agricolo e agroalimentare, nonche’ sanzioni in materia di pesca illegale” che, al punto b dell’art.12Esercizio dell’attività di manutenzione del verde”  dispone che l’attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde pubblico o privato affidata a terzi può essere esercitata “da imprese agricole, artigiane, industriali o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese, che abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di adeguate competenze.”
Le Forze dell’Ordine, come ad esempio Carabinieri e Guardia di Finanza, potranno richiedere la regolare iscrizione all’Albo Giardinieri professionisti, a tutti i giardinieri trovati ad esercitare la professione sia in ambienti pubblici che in ambienti privati.
La normativa ha creato un grande dibattito dimostrando quanto sia difficile poter regolamentare il settore tant’è che, purtroppo, sono ancora troppi i giardinieri improvvisati e le aziende di giardinaggio non adeguate che non sono in grado di comprendere tutti gli aspetti, naturalistici, agronomici, storici, paesaggistici che il patrimonio del verde pubblico presenta.
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La carta dei giardini storici

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Risale al 1971 il primo convegno organizzato a Fontainebleau dal Comitato internazionale dei giardini e siti storici costituito dall’ICOMOS-IFLA.
Riuniti a Firenze il 21 maggio 1981, l’ICOMOS (il Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti, associazione professionale fondata nel 1965 a Varsavia a seguito della Carta di Venezia del 1964 e che offre consulenza all’UNESCO per la conservazione e la protezione dei luoghi del patrimonio culturale in tutto il mondo) e l’ IFLA, arrivarono all’approvazione di una “Carta dei Giardini Storici”, detta appunto Carta di Firenze, che ebbe il merito di definire i giardini storici con il riconoscimento della loro natura monumentale, superando quella di semplice contorno di edifici monumentali.
La carta è stata registrata il 15 dicembre 1982 dall’ ICOMOS con l’intento di completare la “Carta di Venezia” in questo particolare ambito.

I giardini tascabili

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giardini tascabili (pocket parks) sono una tipologia di giardini pubblici che hanno come caratteristica fondamentale quella di non essere stati previsti o pianificati nel progetto originale di un disegno urbano, ma di essere stati creati successivamente sulla base dell’iniziativa di liberi cittadini, o come risultato di una scelta e di una ricognizione dell’amministrazione pubblica.
I giardini tascabili vengono realizzati all’interno di un contesto urbano già dato, andando ad occupare lotti vacanti inedificati, lotti di edifici demoliti o spazi abbandonati.
Nati a New York nel 1964 con lo scopo di riqualificare spazi abbandonati nel quartiere di Harlem, si intervenne reintegrando spazi verdi al fine di creare luoghi d’incontro per gente di tutte le età, dagli spazi per i più piccoli, ai veri e propri luoghi per adulti, provvisti di panchine, tavoli, il tutto immerso tra alberi e piante, in netto contrasto con il grigiore urbano.
A Londra, l’ex sindaco Boris Johnson, ha lanciato un piano per la realizzazione di 100 Pocket Parks all’interno del programma London’s Great Outdoors, il quale prevedeva di migliorare piazze, strade e tutti gli spazi pubblici esterni, compresi alcuni argini del Tamigi.
Pochet parks: piccoli spazi urbani e microidentità “Le politiche di pocket parks come strumenti di rigenerazione della città pubblica”, Caterina Montipò
Pocket parks: le piccole oasi urbane da coltivare
Pockhet parks-Landezine

Il Regolamento del verde pubblico e del paesaggio urbano di Roma Capitale

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Il 12 gennaio 2021 la Giunta capitolina ha approvato un testo del Regolamento del verde pubblico e privato e del paesaggio urbano di Roma Capitale alla cui predisposizione hanno partecipato molte Associazioni che si occupano di tutela ambientale, oltre agli Ordini professionali, tra i quali il Collegio degli Agrotecnici laureati, con il coordinamento di Giorgio Osti.
Una prima stesura del Regolamento era stata approvata in Giunta il 17 gennaio 2019 con una proposta a firma della Assessora Montanari, a cui è seguita l’attuale versione curata dall’ Assessora Fiorini.
E’ stato un lavoro molto lungo (circa 9 anni) con più riunioni della Commissione capitolina Ambiente, numerosi emendamenti e integrazioni, che ha visto il passaggio in tutti i Municipi e che ora deve approdare in Assemblea capitolina (probabilmente dopo l’approvazione del Bilancio cioè a febbraio 2021).
I risultato di questo lavoro rappresenta un momento importante perché definisce principi, regole e comportamenti su molti aspetti fondamentali che riguardano il verde urbano di Roma e la sua gestione, che comprende 1800 aree verdi su una superficie di 40 milioni di mq (una superficie cioè equivalente alla città di Bergamo).
Il Regolamento si compone di 5 capitoli principali e di 16 allegati.

Italiani di razza ebraica

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A ottanta anni dalla promulgazione delle Leggi razziste nel Museo Ebraico di Roma è stata allestita la mostra “Italiani di razza ebraica: le Leggi antisemite del 1938 e gli ebrei di Roma” a cura di Lia Toaff e Yael Calò (14 settembre 2018-3 febbraio 2019).
La Mostra racconta, attraverso documenti originali della collezione del Museo e dati in prestito dalle tante famiglie colpite dai provvedimenti discriminatori, le vicende, le umiliazioni, le restrizioni e le persecuzioni fisiche subite, lungo un percorso storico che parte dal periodo dell’Emancipazione degli ebrei che entrano a far parte della vita politica e sociale del Regno d’Italia, passando per gli anni delle Leggi antiebraiche e per terminare con il periodo di occupazione, clandestinità e deportazione.
Tra i documenti esposti anche quelli della famiglia Alatri.
CATALOGO MOSTRA_ ITALIANI DI RAZZA EBRAICA 2018-2019

Adriano Olivetti e la Lettera 22: francobolli celebrativi

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Il 15 dicembre 2020, nel 60° anniversario della scomparsa di Adriano Olivetti e nel 70° anniversario di produzione, Poste Italiane ha emesso (Ministero dello Sviluppo Economico) due francobolli ordinari (relativi al valore della tariffa B pari a 1,10€ per ciascun francobollo) dedicati a Adriano Olivetti e alla macchina per scrivere portatile Olivetti Lettera 22 appartenenti alla serie tematica «le Eccellenze del sistema produttivo ed economico».
Il francobollo dedicato alla macchina per scrivere portatile Olivetti Lettera 22 ha una tiratura di trecentomila esemplari. Il bozzetto è stato realizzato a cura del Centro Filatelico della Direzione Operativa dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. La vignetta riproduce un particolare di un manifesto pubblicitario d’epoca realizzato nel 1953 dal designer statunitense Paul Rand, raffigurante la celebre macchina per scrivere. L’annullo primo giorno di emissione sarà disponibile presso lo sportello filatelico dell’ufficio Postale di Ivrea.
Il francobollo dedicato ad Adriano Olivetti ha una tiratura di trecentomila esemplari. Il bozzetto è stato realizzato a cura del Centro Filatelico della Direzione Operativa dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. La vignetta riproduce un ritratto fotografico di Adriano Olivetti. L’annullo primo giorno di emissione è disponibile presso l’ufficio postale di Roma V.R.
I francobolli sono stampati dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, in rotocalcografia, su carta bianca, patinata neutra, autoadesiva, non fluorescente.
Per l’occasione è stata realizzata anche una cartella filatelica, a cura della Fondazione Adriano Olivetti e dell’Archivio Storico Olivetti, in formato A4 a quattro ante, contenente il francobollo singolo più la quartina di francobolli “Lettera 22”, una cartolina annullata ed affrancata e una busta primo giorno di emissione, il francobollo singolo più la quartina di francobolli “Adriano Olivetti”, la cartolina affrancata ed annullata e la busta primo giorno di emissione e il francobollo dedicato ad Olivetti nel 2008, al prezzo di 25€.
I francobolli e i prodotti filatelici correlati sono disponibili presso gli Uffici Postali con sportello filatelico, gli “Spazio Filatelia” di Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Roma 1, Torino, Trieste, Venezia, Verona e sul sito poste.it.

VERDE URBANO: OCCORRE FARE DI PIU’ E MEGLIO

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RETI ECOLOGICHE, PROTEZIONE DEGLI ECOSISTEMI E DELLA BIODIVERSITA’, INFRASTRUTTURE VERDI E CORRIDOI VERDI URBANI, AREE VERDI MULTIFUNZIONALI, SERVIZI ECOSISTEMICI, PROGETTAZIONE ECOLOGICA, PIANIFICAZIONE E GESTIONE DIFFERENZIATA DEL VERDE, FORMAZIONE PROFESSIONALE, COINVOLGIMENTO E PARTECIPAZIONE DELLA CITTADINANZA

Sono queste le parole chiave che dovrebbero ormai ispirare Amministrazioni pubbliche, Enti locali, professionalità e imprese che operano nel settore del verde pubblico, associazioni e cittadini che partecipano a titolo volontario a iniziative di gestione di aree verdi in ambito urbano [1].
Tuttavia, purtroppo, non è così.
Ancora oggi infatti, nonostante siano ormai numerosi gli strumenti normativi, gli studi, i pareri e le pubblicazioni di professionisti, studiosi, esperti, ricercatori scientifici e organismi riconosciuti anche a livello internazionale, contenenti evidenze, principi e linee guida a cui ispirarsi e da seguire, non vi è una piena e diffusa consapevolezza che il verde urbano rappresenti oltre che un bene pubblico collettivo, un patrimonio di inestimabile valore ambientale, sociale e economico.
Riconoscere la sua specifica identità significa riconoscere alle piante l’appartenenza al mondo degli esseri viventi e, conseguentemente, considerare il verde urbano una risorsa, da pianificare, progettare, curare e rinnovare.

Già nel 2002 l’UNASA-Unione Nazionale delle Accademie per le Scienze Applicate allo Sviluppo dell’agricoltura, alla Sicurezza Alimentare e alla Tutela Ambientale evidenziava, nelle considerazioni conclusive della Conferenza nazionale sul verde urbano, che “soprattutto in ambiente urbano la qualità della vita dipende sempre più dagli standard quantitativi e qualitativi delle aree verdi presenti e che pertanto la tutela e l’incremento del verde urbano devono essere prioritari nelle politiche e negli strumenti programmatici delle città e dei centri urbani”, che occorre dotarsi di strumenti di conoscenza come il censimento del verde e di specifiche politiche di gestione con adeguati bilanci, ponendo particolare attenzione alla formazione degli operatori del settore.

Con la legge del 14 gennaio 2013 n. 10 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”, l’Italia si dota di uno strumento normativo specifico sul verde pubblico. La legge dispone l’istituzione della Giornata nazionale degli alberi il 21 novembre (Art. 1); l’obbligo per i Comuni con più di 15 mila abitanti di porre a dimora un albero per ogni neonato, di realizzare un bilancio arboreo a fine mandato (Art. 2), di censire e classificare gli alberi piantati nell’ambito del proprio territorio(Art. 4) e di promuovere iniziative locali per lo sviluppo degli spazi verdi urbani per sensibilizzare la cittadinanza (Art. 6), Detta le misure per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale (Art. 7) e stabilisce l’istituzione del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico presso il Ministero dell’ambiente (Art. 3).

Ed è proprio al Comitato che si deve l’elaborazione delle “Linee guida per la gestione del verde urbano e prime indicazioni per una pianificazione sostenibile” (MATTM, 2017) le quali trattano argomenti fondamentali quali: conoscenza, regolamentazione e progettazione del verde, componenti del patrimonio a verde (arborea, arbustiva e erbacea), gestione fitosanitaria gestione differenziata, indicatori di qualità, comunicazione istituzionale e partecipazione pubblica.
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Arboricoltura urbana: i volantini INDISPENSABILI della SIA

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E’ della SIA, la Società Italiana di Arboricoltura – Onlus, la meritevole iniziativa relativa alla pubblicazione degli “INDISPENSABILI”, 9 volantini che forniscono informazioni chiare e semplici sui principi base dell’arboricoltura urbana.

Creati da: International Society of Arboriculture
Versione italiana a cura di: Società Italiana di Arboricoltura – Onlus
Traduzione: Andrea Borrone e Massimo Brambilla
Adattamento del testo: Andrea Borrone, Francesco Ferrini e Fabrizio Cinelli
Progetto grafico: Paolo Valagussa
Gli Indispensabili si rivolgono a tutti coloro che vorranno promuovere le buone pratiche arboricolturali e trattano i seguenti argomenti:
01 – Scegliere un arboricoltore: “Un arboricoltore è uno specialista nella cura dell’albero. L’arboricoltore conosce le necessità di un albero ed è capace ed equipaggiato per provvedere alle necessarie cure. Alberi mal gestiti possono essere una grande responsabilità. Potare o abbattere un albero, specialmente se grande, è un lavoro pericoloso. Il lavoro sugli alberi deve essere fatto da persone preparate ed equipaggiate per lavorare in sicurezza”.
02 – Potare un albero giovane: “Una corretta potatura è essenziale per lo sviluppo di un albero forte e bello. I giovani alberi che sono correttamente potati necessiteranno, in futuro, di minori interventi correttivi”.
03 – Potare gli alberi adulti: “La potatura è uno dei più comuni interventi di cura dell’albero. Benché gli alberi in foresta crescano bene senza l’intervento dell’uomo, gli alberi in ambiente urbano richiedono un elevato livello di cura per garantirne la sicurezza e la bellezza. La potatura deve essere fatta conoscendo quale sarà la risposta dell’albero ad ogni singolo taglio. Potature mal eseguite possono causare gravi danni che minano la salute e riducono l’aspettativa di vita dell’albero”.
04 – Potatura: dove tagliare?: “Gli alberi sono capaci di “autopotatura”, dispongono infatti di meccanismi e strutture proprie in grado di isolare i rami ormai inutili, bloccando possibili invasioni di agenti patogeni provenienti dalle infezioni del legno morto”.
05 – Riconoscere gli alberi pericolosi: “Gli alberi sono una parte importante del mondo. Essi offrono una grande varietà di benefici all’ambiente e sono incredibilmente belli. A volte, però, gli alberi possono essere pericolosi. L’albero o parti di esso possono cadere e causare seri danni a persone e cose; un albero che presenta dei difetti importanti è da considerarsi pericoloso. La cura e la sicurezza dell’albero sono sempre a carico del proprietario. Questa brochure aiuta ad individuare i più comuni difetti associati agli alberi pericolosi. In ogni caso, la valutazione della propensione al cedimento di un albero è compito di un arboricoltore professionista”.
06 – Il valore degli alberi: “Tutti sanno che gli alberi e tutte le altre piante hanno un valore estetico ma pochi sanno che, oltre ad abbellire l’ambiente e il paesaggio, le piante purificano l’aria, agiscono come barriere acustiche e visive, producono ossigeno, riducono l’anidride carbonica, catturano polveri, particolati e PM10 e ci aiutano a risparmiare energia grazie al potere rinfrescante in estate ed alla protezione dai freddi venti in inverno. Pochi, tuttavia, sanno che le piante hanno anche un valore economico che può essere calcolato da professionisti competenti. La perdita di un albero o di un arbusto può corrispondere ad una perdita economica della tua proprietà oppure, se si tratta di verde pubblico, ad una perdita di valore per l’intera comunità”.
07 – La cura degli alberi: “Predisporre un programma di cure preventive per le tue piante significa tutelare nel modo più intelligente l’investimento fatto al momento della messa a dimora. Una manutenzione regolare, studiata per favorire la salute e il vigore della pianta, assicura un costante aumento di valore. Prevenire un problema è molto meno costoso, sia in termini economici, sia di tempo, che curarne uno quando si è sviluppato. Un programma di manutenzione efficace, che include ispezioni regolari e azioni supplementari di pacciamatura, concimazione e potatura può evidenziare l’insorgere dei problemi e correggerli prima che diventino dannosi o fatali. Considerando che molte specie arboree possono vivere alcuni secoli, l’adozione di queste pratiche colturali è un investimento che ripaga nell’immediato e a lungo termine”.
08 – Perchè la capitozzatura è dannosa: “La capitozzatura è la più dannosa tecnica di potatura degli alberi, eppure, nonostante più di 30 anni di letteratura e di seminari per spiegare i suoi effetti nocivi, la capitozzatura rimane una pratica comune”.
09 – Gli alberi nei cantieri edili: “Le attività che si svolgono in un cantiere edile possono essere devastanti per gli alberi interni all’area di lavoro ed anche per quelli nelle immediate vicinanze. Alcune semplici precauzioni possono salvare i tuoi alberi”.

Il progetto QUALIVIVA per pianificare, realizzare e gestire le aree verdi

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QualiViva, ossia “La qualità nella filiera florovivaistica nazionale attraverso l’utilizzo e la divulgazione delle schede varietali e di un capitolato unico di appalto per le opere a verde”, è un progetto di ricerca finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali nell’ambito di un piano d’azione teso ad aumentare e stimolare la competitività del settore florovivaistico.
Il Progetto si è articolato attraverso la “Realizzazione di schede tecniche”, la “Didattica per la prevenzione delle malattie” (attività volta a ottimizzare e
validare un protocollo di diagnosi basato sul riconoscimento del DNA per l’individuazione in
multiplex degli agenti causali di malattie complesse come i marciumi radicali e del colletto in piante ornamentali), la definizione di “Linee Guida Locali” per la scelta del materiale vegetale, il coinvolgimento delle aziende produttrici di piante verdi sensibilizzate ad agire secondo norme di tutela ambientale, per fornire gli strumenti metodologici e operativi per pianificare, progettare, realizzare e gestire le aree verdi pubbliche e private.
Sono state redatte oltre 100 Schede tecniche nelle quali sono state raccolte informazioni relative a specie arboree ornamentali pensate allo scopo di aiutare e indirizzare pianificatori e municipalità verso una progettazione funzionale del verde urbano. Nelle schede sono riportate informazioni sugli aspetti dimensionali, sulla tolleranza alle condizioni del suolo, ai patogeni e agli stress abiotici, e sulle problematiche che possono emergere dall’uso di tali specie. Per ciascuna specie si è stimata la CO2 potenzialmente stoccata, la potenzialità nella rimozione degli inquinanti e la produzione di composti organici volatili.
La definizione delle “Linee Guida Locali” ha avuto l’obiettivo di:
fornire uno strumento per la scelta del materiale vivaistico da utilizzare, inteso come scelta delle specie, in base al contesto climatico nel quale dovrebbero andare ad inserirsi (“SCELTA DEL MATERIALE VIVAISTICO IN FUNZIONE DELLA LOCALITA’ GEOGRAFICA”). Si è operata dunque una classificazione climatico-vegetazionale del territorio italiano in macroaree per caratterizzare l’area di intervento. Le specie selezionate nel progetto QualiViva sono state quindi associate alle fasce climatico-vegetazionali in base alle rispettive esigenze ecologiche e alla loro tolleranza ai differenti ambienti in quanto ad una loro possibile introduzione e coltivazione nelle diverse fasce;
classificare le specie di interesse in base alla loro ‘allergenicità’;
-fornire indicazioni generali sulle macrocaratteristiche comuni a più specie che sono favorevoli a mitigare gli effetti di uno o più inquinanti atmosferici (EFFETTO DELLE FORESTE URBANE SULLA QUALITÀ DELL’ARIA E PRINCIPALI INQUINANTI IN AMBIENTE URBANO);
-indicare cultivar di Cipresso, Olmo e Platano resistenti alle rispettive principali patologieche rappresentano tutt’oggi una importante limitazione alla coltivazione di queste specie;
-la messa a punto di un processo di certificazione volontario delle aziende e delle organizzazioni florovivaistiche e di un sistema per la “certificazione degli skill professionali” un sistema cioè di valutazione delle competenze e delle professionalità, teso a valorizzare le abilità specifiche degli addetti, in funzione delle necessità di ogni singolo appalto.
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Una eccellenza nel mondo agricolo e ambientale: la Fondazione Edmund Mach

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L’Istituto Agrario di San Michele all’Adige in provincia di Trento ha una lunga storia che inizia il 12 gennaio 1874, quando la Dieta regionale tirolese di Innsbruck, che aveva acquistato il monastero sorto ad opera degli Agostiniani nel castello donato nel 1145 dai Conti di Appiano al Principe Vescovo di Trento, deliberò di attivare una scuola agraria con annessa stazione sperimentale, ognuna delle quali doveva congiuntamente cooperare alla rinascita dell’agricoltura nel Tirolo.
L’attività della nuova istituzione iniziò nell’autunno dello stesso anno, seguendo l’impostazione data da Edmund Mach, fondatore e primo direttore dell’Istituto. Egli proveniva dalla Stazione sperimentale di Klosterneuburg presso Vienna ed aveva alle sue spalle una breve ma intensa carriera di ricercatore nel campo della chimica agraria e dell’enologia. Ottimo organizzatore e innovatore, Mach ebbe un ruolo fondamentale nel delineare i principi base per l’impostazione dell’attività sia nell’ambito scolastico che in quello sperimentale. A Mach si deve il merito di aver intelligentemente intuito che ricerca e didattica non devono procedere separatamente ma devono invece costituire un binomio indissolubile dal quale trarre le premesse per la crescita del settore.
Dal 2008 l’Istituto agrario è stato trasformato in una Fondazione che svolge attività di ricerca scientifica, istruzione e formazione, sperimentazione, consulenza e servizio alle imprese, nei settori agricoloagroalimentare e ambientale.
Le attività partono dal presupposto che “nel futuro è necessario che la produzione di derrate agricole aumenti significativamente” e che pertanto sia necessario ricercare soluzioni atte a assicurare “sicurezza e salubrità alimentare in condizioni di sostenibilità ambientale ed economica”.
La sua missione si realizza dunque attraverso:
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Come cambia l’arboricoltura urbana

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Un interessante articolo (a cura di Alessio Fini, Disaa, Università di Milano, Massimiliano Tattini, Ipsp, Cnr, Francesco Ferrini, Dagri, Univeristà di Firenze) apparso sul numero 5/20 della rivista ACER, richiama l’attenzione sui cambiamenti che hanno interessato l’arboricoltura urbana negli ultimi 40 anni e sulla necessità di acquisire conoscenze basate su evidenze scientifiche per operare a ragion veduta la scelta delle specie più adatte da utilizzare negli interventi di impianto e reimpianto degli alberi in ambito urbano.
Il concetto spesso richiamato nella progettazione del verde in ambito urbano “la specie giusta al posto giusto” infatti fa i conti oggi con l’opportunità di diversificare la composizione del patrimonio arboreo per far fronte ai cambiamenti delle condizioni climatiche e alla necessità di difendersi dalla diffusione di agenti patogeni.
Ciò è reso possibile dall’aumento della diversità di generi e specie arboree disponibili presso i vivai rispetto a quanto si poteva riscontrare fino agli anni ’80.
Ai dieci generi prevalentemente utilizzati (Acer, Carpinus, Aesculus, Fraxinus, Fagus, Populus, Platanus, Salix, Tilia, Ulmus) si sono infatti aggiunte numerose altre cultivar di alberate, che consentono di scegliere tra più di 750 cultivar appartenenti a oltre 60 generi.
Gli autori raccomandano dunque di non sprecare questa diversità e di adottare accorgimenti progettuali (realizzazione di buche di impianto ampie e profonde, decompattazione del terreno per favorire l’areazione, aumento dell’APA per favorire l’infiltrazione delle piogge, irrigazione nelle prime fasi di impianto) in modo da favorire le capacità delle specie a resistere a determinate condizioni ambientali, quali ad esempio quelle dettate dalla carenza di acqua.
L’articolo illustra infatti i risultati di uno studio effettuato nel 2019 per valutare la risposta del Celtis australis, il bagolaro, spesso impiegato nelle città, agli stress idrici.

Riforestazione urbana: una opportunità anche per la città di Roma

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In attuazione del D. M. del 9 ottobre 2020 “Modalita’ per la progettazione degli interventi di riforestazione di cui all’articolo 4 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111” il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha pubblicato, il 13 novembre u. s., l’ AVVISO PUBBLICO PER IL PROGRAMMA DI PROGETTAZIONE DELLE AZIONI DI RIFORESTAZIONE URBANA NELL’AMBITO DELLE CITTA’ METROPOLITANE DI CUI ALL’ART. 4, COMMI 1, 2 e 3 DEL DECRETO-LEGGE 14 OTTOBRE 2019, N. 111,CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA LEGGE 12 DICEMBRE 2019, N. 141 (“Misure urgenti per la definizione di una politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualita’ dell’aria”).
L’Avviso stabilisce che:
1. “per il finanziamento del programma, che ha ad oggetto la messa a dimora di alberi, ivi compresi gli impianti arborei da legno di ciclo medio e lungo, il reimpianto e la selvicoltura ovvero la creazione di foreste urbane e periurbane, nonché la manutenzione successiva all’impianto, sono stanziati euro 15 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021;
2. Le risorse sono destinate alle Città metropolitane che presentano, fino ad un
massimo di cinque proposte progettuali, proprie e/o ricevute da terzi per il proprio territorio, e che prevedono ciascuna costi complessivi non superiori a € 500.000 (iva inclusa).
3. Ciascuna città metropolitana redige o seleziona i progetti tenendo conto, oltre che dei requisiti di ammissibilità di cui all’art. 3 del D. M. del 9 ottobre 2020, in particolare, della valenza ambientale e sociale dei medesimi, del livello di riqualificazione e di fruibilità dell’area oggetto dell’intervento, dei livelli di qualità dell’aria e della localizzazione nelle zone oggetto delle procedure di infrazione comunitaria n. 2014/2147 del 10 luglio 2014 e n. 2015/2043 del 28 maggio 2015. Ai fini della localizzazione degli interventi, sono considerati ambiti di attuazione preferenziale i territori delle città metropolitane ricompresi nelle suddette zone interessate dalle procedure di infrazione.
4. A tal fine le Città metropolitane presentano apposita domanda, ai sensi dell’art. 2, comma 7, del D.M. del 9 ottobre 2020, firmata digitalmente, entro le ore 24,00 dell’11 marzo 2021 di cui al D. M. 9 ottobre 2020 “Modalita’ per la progettazione degli interventi di riforestazione di cui all’articolo 4 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 141 (G.U. dell’11 novembre 2020, S.G. n. 281).”
Secondo il D. M. del 9 ottobre 2020 ” i progetti devono perseguire i seguenti tre principali obiettivi della Strategia nazionale del verde urbano: a) tutelare la biodiversita‘ per garantire la piena funzionalita’ degli ecosistemi; b) aumentare la superficie e migliorare la funzionalita’ ecosistemica delle infrastrutture verdi a scala territoriale e del verde costruito; c) migliorare la salute e il benessere dei cittadini.”

La Scuola Agraria di Monza: per saperne di più su verde e dintorni

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Il tema del verde viene affrontato in molteplici sedi e in differenti contesti e, seppur generalmente ritenuto di rilevante importanza per l’uomo e per l’ambiente che lo circonda, non sempre viene trattato con sufficiente cognizione di causa che solo una adeguata preparazione può garantire.
Assumono così un ruolo prezioso scuole, università e centri, la cui attività è rivolta alla preparazione delle tante figure che operano in questo settore e che viene svolta anche attraverso la diffusione di pubblicazioni a carattere tecnico e divulgativo, la cui lettura fornisce elementi utili per approfondire argomenti e temi specifici.
Tra queste realtà è da citare la Scuola Agraria del Parco di Monza, Centro di Formazione Professionale di riferimento su scala regionale e nazionale per l’erogazione di corsi di formazione specialistica, riqualificazione e aggiornamento per tecnici e operatori del verde, giardinieri, arboricoltori e forestali, florovivaisti, fioristi, progettisti del verde. Fondata nel 1902 ed Ente morale dal 1920, accreditata dalla Regione Lombardia, certificata UNI EN ISO 9001:2008 e qualificata come Ente di Ricerca, promuove formazione e cultura nei settori del verde ornamentale e territoriale, dell’agricoltura multifunzionale, con particolare riferimento all’ortoterapia, della valorizzazione ambientale, della gestione sostenibile dei rifiuti, cui unisce uno specifico impegno nell’ambito dello svantaggio sociale. Le aree tematiche in cui maggiormente si esplica l’attività formativa della Scuola sono: GiardinaggioProgettazione del VerdeArte florealeArboricoltura e Tree climbingAgricoltura multifunzionaleOrtoterapia. La Scuola opera anche nell’ambito dell’educazione ambientale per bambini e ragazzi e propone una vasta scelta di corsi hobbistici per gli appassionati di giardinaggio.
A titolo di esempio si citano due pubblicazioni che trattano del tema delle potature degli alberi:
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Salvaguardia degli alberi lungo le strade italiane

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Un interessante documento pubblicato da Legambiente Valtriversa, Osservatorio del Paesaggio per il Monferrato e l’Astigiano e associazione “Terra Boschi Gente e Memorie” pone il tema della salvaguardia degli alberi lungo le strade italiane e fissa quattro obiettivi principali:
-fermare gli abbattimenti degli alberi sul ciglio delle strade utilizzando le leggi
attualmente in vigore
-legittimare il reimpianto compensativo nelle traverse interne ai centri abitati delle
strade secondarie
-legittimare la presenza degli alberi lungo le strade secondarie
-modificare il Codice della Strada e il Regolamento di Attuazione diversificando le
distanze a seconda della classificazione della strada.
Ripercorrendo la storia delle alberate lungo le strade Statali, Provinciali e Comunali impiantate in epoca napoleonica o più recentemente prima della Seconda Guerra Mondiale, il documento perviene al 1992 quando, con il Codice della Strada e relativo Regolamento di Attuazione, viene vietato di impiantare alberi fuori dai centri abitati ad una distanza dal confine stradale inferiore all’altezza massima che la pianta potrebbe raggiungere a maturità (es. 30-40 metri per un Pioppo bianco, 25-90 metri per un eucaliptus, 30-40 metri per un platano, 30 metri per un tiglio). Il Regolamento non distingue le strade e si applica pertanto alle autostrade, alle strade secondarie, alle piste ciclabili e agli itinerari pedonali. Nè il CdS, nè il Regolamento si occupano degli alberi sul ciglio della strada (tecnicamente “fascia di pertinenza”).
Le soluzioni proposte, alternative all’abbattimento che deve essere visto solo ed esclusivamente come ultima possibilità, riguardano la modifica del Codice della Strada, con l’introduzione di norme relative alle alberate (definizione, vincoli, protezioni) e alla loro corretta gestione; la differenziazione delle norme in base alla categoria della strada, l’adozione dei limiti di velocitá e/o dei dispositivi di protezione per aumentare la sicurezza stradale. Ciò al fine di rallentare il processo di abbattimento degli alberi, per ora irreversibile, che porterà alla scomparsa più o meno rapida di tutti gli esemplari di alto fusto dai bordi di tutte le strade italiane extraurbane, comprese le piste ciclabili ed i sentieri, fino ad una distanza di 20-30 metri dalle strade.
Salviamo-gli-alberi-2017

Trees are good, trees need care, arborist care for trees

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Un recente libro del Professor Francesco Ferrini, docente di arboricoltura all’Università di Firenze, “La terra salvata dagli alberi”, offre lo spunto per alcune riflessioni sugli alberi in città e per avviare un approfondimento su questa affascinante e complicata materia, al fine di promuovere una cultura del verde condivisa e attendibile anche tra coloro che non appartengono al mondo dei professionisti del settore.
Conoscere questa preziosa componente del verde urbano potrebbe infatti meglio orientare l’opinione pubblica e le azioni che molte Associazioni di cittadini intraprendono in questo campo, in collaborazione con le Istituzioni competenti.
Occorre innanzitutto ricordare che esiste una scienza, l’arboricoltura, che si occupa degli alberi e un’organizzazione internazionale, la Society of Arboricolture (ISA) che raccoglie oltre 25.000 associati tra tecnici, ricercatori e semplici appassionati, il cui motto è Trees are good, trees need care, arborist care for trees.
Gli alberi fanno parte del “capitale naturale“, il cui valore è infinito e incalcolabile, ma forniscono anche beni materiali che hanno grande rilievo nell’economia e nella società: legno, medicinali, unguenti, profumi, aromi, principi attivi per prodotti di trattamento, resine, colle, oli, vernici, gomme, fibre, alimenti per animali.
Uno studio pubblicato nel 2017, condotto da un team del Botanical gardens conservation international  (Bgci) e del Global tree specialist group dell’Iucn/Ssc, rivela che sul nostro pianeta vivono oltre 60.000 specie di alberi con una estrema varietà di individui, alcuni dei quali hanno tra i 4.000 e i 5.000 anni.
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VERDE PUBBLICO URBANO: UN PATRIMONIO DA GESTIRE, CURARE, SALVAGUARDARE

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Questo breve lavoro è nato con l’intento di iniziare ad affrontare in alcune sedi di carattere non scientifico, quali ad esempio quelle che fanno riferimento alle tante Associazioni e Comitati di cittadini impegnati in attività civiche nella nostra città, per diffondere alcuni concetti di base sulla gestione, cura e salvaguardia del verde in ambito urbano (per il documento di sintesi clicca qui).
Per l’insorgere della pandemia non è stato possibile organizzare, insieme ad altri colleghi, la presentazione. Sperando che questo possa accadere in un prossimo futuro, vorrei intanto ringraziare per il suo prezioso contributo grafico l’amica Lavinia Koch che mi ha aiutato a confezionare il documento.

Rivoluzione verde e transizione ecologica nel PNRR 2020

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Nelle LINEE GUIDA PER LA DEFINIZIONE DEL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA-#NEXTGENERATIONITALIA del 15 settembre 2020 il Governo parla di sfide che il Paese intende affrontare, missioni, progetti e iniziative di riforma, il tutto sostenuto dalla realizzazione di un ampio programma di investimenti.
Tra le sei missioni indicate dal PNRR vi è, al punto 2, quella inerente la “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, la quale richiede che l’Italia “intensifichi il proprio impegno per far fronte ai nuovi più ambiziosi obiettivi europei di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, fissati dallo European Green Deal”.
Si parla anche dell’adozione di piani urbani per il miglioramento della qualità
dell’aria e per la forestazione urbana, oltre che di misure per la riduzione dell’inquinamento, il miglioramento dell’efficienza energetica, la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, la gestione accorta delle risorse naturali, la promozione dell’economia circolare, la riqualificazione del territorio nell’ambito del contenimento del consumo di suolo e della mitigazione dei rischi idrogeologici e sismici, la riconversione delle imprese verso modelli di produzione sostenibile.
Se tutto ciò non fosse solo un insieme di dichiarazioni, dovremmo aspettarci politiche coerenti con quanto indicato nel PNRR da parte delle amministrazioni locali e assistere alla messa in atto di programmi operativi in linea con i concetti contenuti nelle Linee Guida del Governo.

 

Verde urbano: una questione di salute, economia e legalità

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Il Convegno “Verde urbano: una questione di salute, economia e legalità” che si è svolto on line il 15 maggio 2020, organizzato dal Dipartimento DESTeC Ingegneria dell’Università di Pisa, da Lipu-BirdLife Italia, da GrIG Onlus e dall’Accademia dei Rinnovati di Massa, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, di Ispra, della Provincia di Massa Carrara, dell’Ordine degli Agronomi e Forestali, dell’Ordine degli Architetti e di altre associazioni, si colloca nell’ambito del ”2020: Anno internazionale della salute delle piante (IYPH)” proclamato dalle Nazioni Unite e ha affrontato alcuni importanti temi legati a questo comparto: la GESTIONE DEL VERDE URBANO, gli ASPETTI NORMATIVI ED ETICI DEGLI ALBERI, i SERVIZI ECOSISTEMICI DEL VERDE URBANO.
L’obiettivo generale del convegno è stato quello di porre al centro del dibattito delle grandi città il valore del patrimonio a verde misurato in termini di benefici degli ecosistemi erogati dalle infrastrutture verdi. Continua a leggere

La cura del verde condominiale

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“Informazioni utili per la corretta gestione del verde e degli alberi all’interno deI giardini e parchi condominiali”. E’ questo il contenuto dell’interessante e prezioso Vademecum realizzato da Assofloro (l’Associazione di rappresentanza degli Enti e delle Associazioni delle Filiere del verde, del paesaggio e dell’ambiente) e ANACI (Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari) con “l’obiettivo di aiutare l’Amministratore Immobiliare e Condominiale e i condomini nella scelta dei professionisti e delle aziende a cui affidare gli interventi di gestione e di cura e manutenzione del verde condominiale. Uno strumento per ricercare e fornire le migliori e più corrette tecniche agronomiche e arboricolturali e nel rispetto delle normative vigenti, come anche quelle sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Il Vedemecum, segnalato dalla rivista ACER, mette in evidenza una componente ingiustamente trascurata del verde, le cui funzioni ambientali, sociali, urbanistiche e economiche rivestono un ruolo importante in ambito urbano e periurbano.
Si parla dell’importanza della progettazione e della programmazione, di interventi ordinari e straordinari, del censimento quantitativo e qualitativo del verde, della valutazione dei costi, dei criteri di scelta del giardiniere e degli altri professionisti del verde (arboricoltori, consulenti e progettisti del verde).
Il Vademecum mette in evidenza come sia indispensabile possedere una preparazione specifica nel settore della cura del verde, citando la legge approvata il 28 Luglio 2016, n. 154, che ha introdotto importanti novità per le imprese che operano nel settore della realizzazione e manutenzione del verde urbano. L’art. 12 della legge stabilisce infatti che possono esercitare tale attività (costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato, affidate a terzi) le “imprese agricole, artigiane, industriali, o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese, che abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di adeguate competenze”.
Ci ricorda come ” un intervento di potatura errato, ad esempio la cimatura o la riduzione drastica della chioma, può causare danni irreversibili, facendo lievitare i costi di manutenzione negli anni successivi. Lo stesso riguarda interventi sul tappeto erboso, nella potatura dei cespugli, nella gestione dell’impianto di irrigazione”.
Viene inoltre sottolineata l’importanza di assicurarsi che l’impresa o il professionista mettano in atto tutte le norme in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro.
VERDE CONDOMINIALE-Vademecum Assofloro-Anaci

Specie esotiche invasive: un pericolo da affrontare

In primo piano

Il tema della presenza delle specie esotiche nei paesi dell’areale europeo, ossia di quelle specie trasportate dall’uomo, in maniera volontaria o involontaria e che, lontane dai loro territori di origine possono divenire invasive e avere effetti negativi sulla sopravvivenza delle specie autoctone e sulla biodiversità, viene affrontato dal REGOLAMENTO (UE) N. 1143/2014 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, recepito in Italia dal Decreto Legislativo 230/2017.
Ne parla l’avvocato Claudio Linzola sulla rivista ACER (n. 2/20) evidenziando i diversi aspetti legati a questo fenomeno, a cominciare dagli obiettivi di prevenzione e di gestione legati all’introduzione e alla difusione delle specie esotiche invasive.
Non tutte le specie esotiche (IAS-(Invasive Alien Species è l’acronimo inglese, molto utilizzato anche in italiano, che identifica le specie esotiche invasive) sono invasive, cioè dannose, e anzi di norma solo una piccola percentuale delle specie esotiche che arrivano su un dato territorio creano problemi (per esempio delle 12.000 specie esotiche registrate in Europa, il 10-15% è ritenuto invasivo).
Ad oggi la lista ufficiale EU comprende 66 specie esotiche invasive, tra animali (mammiferi, uccelli,pesci, rettili, anfibi, invertebrati ) e vegetali, di rilevanza unionale, non tutte presenti in Italia che, tuttavia, ancora non si è dotata di un elenco di specie di rilevanza nazionale. Tra le specie vegetali più note troviamo l’Acacia, l’Ailanto, il Rabarbaro gigante, il Giacinto d’acqua, il Luppolo giapponese. Tra gli animali alcuni scoiattoli come il Tamia siberiano (è stata rilevata una  piccola colonia a villa Ada a Roma), il procione o orsetto lavatore, la nutria.
Gli impatti negativi possono essere non solo di tipo ambientale, ma anche di carattere socio-economico come i rischi di incendi, danni alla pesca e all’apicoltura, trasmissione della salmonellosi.
La normativa prevede dunque un regime di restrizioni, l’elaborazione di “piani di azione” atti alla riduzione della contaminazione, controlli alle frontiere mentre altre iniziative, come il progetto Life Asap (Alien Species Awareness Program) ha l’obiettivo di ridurre il tasso di introduzione di queste specie sul territorio italiano e mitigarne l’impatto.
L’articolo di Linzola segnala tuttavia come la adozione di misure per fronteggiare questo pericolo non sia sufficiente rispetto alla rapidità con cui le specie esotiche invasive si diffondono e si sviluppano, sottolinenando come questo pericolo non sia percepito nella sua effettiva e grave dimensione.
Specie Esotiche Invasive – andamenti impatti e possibili risposte